MARCHI & BREVETTI

30 settembre 2011

La speciale tutela del marchio comunitario

di Giuseppe Caforio

Uno degli obiettivi della Unione Europea è l’armonizzazione della normativa comunitaria e ove possibile la semplificazione. In questo senso, nel campo della tutela dei segni distintivi e del marchio in particolare sono stati fatti passi notevoli. Negli anni ottanta, la Comunità Europea, anche sotto lo stimolo della giurisprudenza della Corte di giustizia, adottò la Direttiva di armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia di marchi d’impresa, al fine di eliminare le differenze normative tra i sistemi nazionali che maggiormente pregiudicavano il buon funzionamento del mercato interno. Tuttavia, il ravvicinamento delle legislazioni nazionali non era in grado di rimuovere di per sé l’ostacolo rappresentato dalla territorialità dei diritti che le legislazioni degli Stati membri conferiscono ai titolari dei marchi. Per permettere alle imprese di esercitare senza ulteriori limitazioni un’attività economica in tutta l’area del mercato comune, era quindi necessario instaurare un regime comunitario dei marchi. L’obiettivo era la creazione di un sistema attraverso il quale le imprese potessero acquisire, in base una unica domanda di registrazione e secondo un procedimento semplice e rapido, marchi che godessero di una protezione uniforme e producessero i loro effetti in tutto il territorio della Comunità. Il marchio comunitario vedeva la luce con il Regolamento (CE) n. 40/94. Tuttavia, le disposizioni di detto Regolamento non hanno trovato applicazione concreto sino al primo di aprile del 1996, cioè fino all’entrata in funzione dell’Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno (marchi, disegni e modelli), con sede ad Alicante (Spagna), incaricato di gestire il nuovo titolo comunitario di proprietà industriale. Il marchio comunitario si acquisisce solo con la sua registrazione presso l’UAMI. Detto questo,è necessario indicare che il diritto comunitario in materia di marchi non si sostituisce tuttavia al diritto in materia di marchi dei singoli Stati membri; non sembra infatti giustificato obbligare le imprese a registrare i rispettivi marchi come marchi comunitari in quanto i marchi nazionali necessari alle imprese che non desiderano una tutela dei loro marchi a livello comunitario. Il marchio comunitario quindi, non sostituisce al marchio nazionale e è tagliato sulle esigenze delle imprese che hanno un interesse sul mercato europeo o che quanto meno hanno una propensione ad operare nell’area della Unione Europea. Un marchio è un segno utilizzato in ambito commerciale per distinguere i prodotti e i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese; su di esso, il titolare ha un diritto esclusivo. Il marchio comunitario è un marchio valido nell’intera Unione europea, è questa è una differenza molto importante rispetto al marchio nazionale. Il marchio comunitario è registrato presso l’UAMI conformemente alle condizioni stabilite nei regolamenti sul marchio comunitario. È valido per dieci anni e può essere rinnovato indefinitamente per periodi di ulteriori dieci anni. Il marchio comunitario ha carattere unitario, come precisa il Regolamento n. 207/2009 nell’art. 1, nel senso che, come già abbiamo detto, produce i medesimi effetti in tutta l’Unione Europea. Inoltre, il sistema del marchio comunitario prevede un unico inter di registrazione, che consiste in:

- Un’unica domanda;

- Un’unica lingua procedurale;

- Un unico centro amministrativo;

- Un unico fascicolo da gestire.

L’art. 4 del Regolamento 207/2009 recita: “Possono costituire marchi comunitari tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma dei prodotti o del loro imballaggio, a condizione che tali segni siano atti a distinguere i prodotti o servizi di un’impresa da quelli di altre imprese”. Analogamente ad altre legislazioni nazionali, come quella italiana, e internazionali, il diritto comunitario pone dunque l’accento innanzi tutto sul segno. È il segno l’elemento costitutivo del marchio. L’art. 4 esige due requisiti minimi perché un segno possa ritenersi astrattamente idoneo ad essere registrato come marchio comunitario:

- La riproducibilità grafica

- La capacità di assolvere la principale funzione del marchio, quella cioè di segno distintivo di prodotti o di servizi.

C’è un generale consenso sul fatto che, come si può dedurre dall’espressione “in particolare” dell’art. 4, la lista di segni espressamente menzionati non costituisce un numerus clausus: il suo carattere è meramente enunciativo, così come ribadito dalla costante giurisprudenza dell’Ufficio di Alicante. Dalla formulazione della disposizione, in sostanza, traspare la volontà del legislatore comunitario di accogliere una concezione ampia dei segni atti a costituire un marchio comunitario, probabilmente al fine di renderlo più attraente e comunque non soggetto a regole più strette di quelle nazionali. Secondo l’art. 5 del Regolamento, possono essere titolari di marchi comunitari le persone fisiche o giuridiche, compresi gli enti di diritto pubblico.

La Tutela Allargata

Il Considerando n. 7 del Regolamento stabilisce che la tutela conferita dal marchio comunitario, che mira in particolare a garantire la funzione d’origine del marchio di inoresa, dovrebbe essere assoluta in caso di identità tra il marchio di impresa e il segno, e tra i prodotti o servizi; la tutela dovrebbe applicarsi anche in casi di somiglianza tra il marchio di impresa e il segno, e tra i prodotti o servizi;... La tutela è per così dire assoluta quando ci si trovi di fronte all’uso di un segno identico al marchio comunitario per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato, mentre nel caso di segni identici o simili adottati per prodotto o servizi identici o analoghi, la tutela è subordinata alla sussitenza di un rischio di confusione per il pubblico, che può anche consistere in un rischio di associazione tra il segno e il marchio. Da una lettura congiunta degli art. 9 del Regolamento, possiamo dedurre questa linea giurisprudenziale. Questo articolo conferisce al titolare di un marchio comunitario un diritto esclusivo nei 27 Stati membri dell’Unione Europea di vietarne l’utilizzo sul mercato non autorizzato dal titolare medesimo. In particolare, il titolare può vietare a terzi non autorizzati:

- L’apposizione del marchio comunitario registrato sui prodotti o sul loro confenzionamento;

- L’offerta, l’immissione in commercio o l’immagazzinamento dei prodotti a scopi commerciali utilizzando il marchio comunitario registrato;

- L’offerta o la fornitura di servizi sotto la copertura del marchio comunitario registrato;

- L’importazione o l’esportazione di prodotti coperti dal marchio registrato;

- L’uso del marchio nella corrispondenza commerciale o nella pubblicità.

Se un terzo non autorizzato realizza una qualsiasi di queste attività, commette una violazione del diritto esclusivo del titolare. Il titolare di un marchio comunitario può agire contro tali infrazioni avvalendosi degli strumenti espressamente previsti per le controversie in tema di contraffazione e di validità dei marchi comunitari di cui al Regolamento, in particolare:

- Avviando un procedimento dinanzi a un tribunale dei marchi comunitari designato ai sensi del Regolamento;

- Presentando richieste di provvedimenti alle autorità doganali dell’Unione Europea.

Deposito della domanda e procedura di registrazione

Secondo l’art. 6 del Regolamento, il marchio comunitario si acquisisce con la registrazione. La domanda di registrazione viene depositata alternativamente presso l’UAMI in Alicante, ovvero presso l’Ufficio nazionale di uno Stato membro, il quale provvede ad inoltrarla all’UAMI (art. 25). Il costo minimo per la registrazione di un marchio comunitario è di 900 € per il deposito elettronico o 1059€ in caso di deposito della domanda in formato cartaceo. Tale cifra varia seconda del numero di classi di prodotti e servizi nella domanda. L’UAMI svolge una ricerca sui marchi e sulle domande di marchi comunitari anteriori. L’Ufficio di Alicante trasmette poi copia delle domande di marchio comunitario ricevute agli Uffici centrali della proprietà industriale degli Stati membri. Entro tre mesi gli Uffici nazionali comunicano all’UAMI l’esisto della propria ricerca, e quest’ultimo trasmette senza indugio al richiedente del marchio comunitario la propria relazione di ricerca e le relazioni di ricerca nazionali. Se, in qualsiasi fase della procedura d’esame, viene rilevata una irregolarità, viene inviata al richiedente una comunicazione di irregolarità, con l’invito a sanarla entro un termine di due mesi. Se il richiedente non sana l’irregolarità, la domanda può essere respinta in via provvisoria; se l’irregolarità riguarda una rivendicazione di priorità o di preesistenza, la rivendicazione viene respinta. Questi rifiuti possono costituire oggetto di ricorso dinanzi alle Commissioni di ricorso dell’UAMI. Inoltre, l’UAMI procede, oltre che ad un esame della regolarità formale della domanda, altresì a quello sulla sussistenza di impedimenti assoluti (art. 7) o relativi alla registrazione (art 8). Per quanto attiene ai impedimenti assoluti alla registrazione, l’art. 7.1 del Regolamento precisa che sono esclusi dalla registrazione:

a. I segni non conformi all’articolo 4. Il fatto che qui si parli di “segni” e non di marchi come negli altri casi dell’art. 7, conferma che l’art. 4 prevede quali segni possono costituire un marchio comunitario e quale funzione esso deve assolvere. Il motivo di rigetto dunque attiene alla inesistenza della fattispecie legale del marchio per difetto dei suoi elementi costitutivo essenziali.

b. I marchi privi di carattere distintivo. Il requisito essenziale del marchio è la capacità distintiva. La Corte di Giustizia si è riferita alla funzione distintiva del marchio intesa come funzione di indicazione di provenienza del prodotto o servizio da un certo imprenditore; ha quindi definito il “carattere distintivo” come capacità del marchio di svolgere questa funzione distintiva agli occhi del pubblico, ed ha concluso che il “carattere distintivo” equivale al fatto che il segno sia percepito dal pubblico interessato come indicativo di questa origine imprenditoriale e sia quindi idoneo a collegare, sempre nella percezione del consumatore, il prodotto o servizio alla sua origine.

c. I marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio. Allora, non possono costituire oggetto di registrazione i marchi comunitari che hanno un nome descrittivo.

d. I marchi composti esclusivamete da segni o indicazioni che siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o nelle consuetudini leali e costanti del commercio. Questo si conosce con il nome di volgarizzazione, che si verifica quando si vuole dare a un prodotto o servizio un nome proprio del linguaggio ordinario, ad esempio jacuzzi o aspirina.

e. I segni costituiti esclusivamente.

• Dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto;

• Dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico;

• Dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto.

 Il segno, quindi, non dovrà essere costituito esclusivamente dalla forma necessaria del prodotto.

f. I marchi contrari all’ordine pubblico o al buon costume. Non possono costituire oggeto di registrazione i marchi comunitari che creano un pericolo sociale, destabilizzazione e che sono contrari a principi fondamentali dell’ordinamento giuridico comunitario. Inoltre, non sono suscettibili di registrazione i marchi contrarie alla morale comune. Si deve precisare che i concetti d’ordine pubblico e buon costume devono essere valutati nel caso concreto, e non astrattamente.

g. I marchi che possono indurre in errore il pubblico, per esempio circa la natura, la qualità o la provenienza geografica del prodotto o del servizio. Questo è il problema della decettività, cioè, dell’illiceità del marchio. Il marchio, sia a causa della decettività dei messaggi che gli hanno attribuito un significato mendace, sia perché applicato a prodotti diversi da quello originariamente reclamizzati o commercializzati, possa fornire informazioni scorrette. La normativa prevede dunque il divieto di uso del marchio in modo da indurre in inganno il pubblico, in particolare circa la natura, qualità, provenienza dei prodotti e servizi.

h. I marchi che, in mancanza di autorizzazione delle autorità competenti, devono essere esclusi dalla registrazione ai sensi dell’art. 6 ter della Convenzione di Parigi per la tutela della proprietà industriale. Questo articolo si riferisce a divieto d’utilizzare emblemi di Stato, segni ufficiali di controllo ed emblemi di organizzazioni intergovernative.

i. I marchi che compendono distintivi, emblemi o stemmi diversi da quelli previsti dall’art. 6 ter della Convenzione di Parigi e che presentano un interesse pubblico particolare, a meno che le autorità competenti ne abbiano autorizzato la registrazione;

 j. I marchi dei vini che contengono o consistono in indicazioni geografiche che identificano vini, o degli alcolici che contengono o consistono in indicazioni geografiche che indentificano alcolici, rispetto ai vini o alcolici che non hanno tale origine;

 k. I marchi che contengono o consistono in una denominazione d’origine o un’indicazione geografica registrata conformemente al regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine di prodotto agricoli e alimentari, corrispondente a una delle situazioni di cui all’art. 13 del suddetto regolamento e concernente lo stesso tipo di prodotto, purché la domanda di registrazione del marchio sia presentata successivamente alla data di presentazione alla Commissione della domanda di registrazione della denominazione d’origine o dell’indicazione geografica. L’art 13 del Regolamento comunitario 510/2006 si riferisce alla protezione che hanno le denominazioni registrate.

L’art. 8.1 del Regolamento precisa ai impedimenti assoluti alla registrazione. In questo senso, l’art. afferma che, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, la domanda di marchio comunitario o il marchio comunitario saranno rifiutati a motivo di un marchio anteriore:

• Se il marchio è identico al marchio anteriore e se i prodotti o servizi per i quali il marchio è stato richiesto sono identici ai prodotti o ai servizi per i quali il marchio anteriore è tutelato;

• Se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è telato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore;

• Se il marchio è identico o simile al marchio anteriore o se ne viene richiesta la registrazione per prodotti o servizi non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio comunitario anteriore, quest’ultimo goda di notorietà in un dato territorio o, nel caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo goda di notorietà in un dato territorio e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi. Si deve precisare che per diritto anteriore si intende (art. 8.2):

• Un marchio comunitario anteriore o una domanda di marchio comunitario anteriore;

• Un marchio nazionale anteriore o una domanda di marchio nazionale anteriore depositati o registrati in uno Stato membro dell’Unione europea;

• Una registrazione internazionale ai sensi dell’Intesa di Madrid o del Protocollo di Madrid, con effetti in uno Stato membro dell’Unione europea;

• Un marchio non registrato o un altro segno utilizzato in commercio avente portata non puramente locale e validità in uno Stato membro;

• Un marchio notoriamente conosciuto in uno Stato membro (ai sensi dell’articolo 6 bis della Convenzione di Parigi).

Come abbiamo già detto, gli impedimenti relativi possono essere invocati per ottenere il rifiuto di registrazione in se di opposizione o la declaratoria di nullità o di decadenza di un marchio comunitario in sede giudiziaria solo da parte dei titolari dei segni anteriori. Per tanto, L’UAMI non esamina ex officio gli impedimenti relativi alla registrazione. Se non emergono problemi nel corso dell’esame, o se le eventuali obiezioni si risolvono positivamente per il richiedente, il marchio viene pubblicato una volta che l’Ufficio ha ricevuto le traduzioni in tutte le lingue ufficiali dell’UE dal Centro di traduzione di Lussemburgo (art. 39).

Opposizione alla Registrazione

L’opposizione è una procedimento, regolato agli articoli 41 e 42, che si svolge dinanzi all’UAMI quando un terzo chiede all’Ufficio di respingere una domanda di registrazione di marchio comunitario. In genere, un opponente può far valere diritti risultanti dalla registrazione di un marchio anteriore o di un’altra forma di contrassegno anteriore. Gli impedimenti alla registrazione su cui può fondarsi un’opposizione sono elencati all’art. 8 del Regolamento, come abbiamo già detto. Si può proporre opposizione contro la registrazione del marchio entro tre mesi dalla pubblicazione della domanda di marchio comunitario. Se entro questo termine non è stata presentata alcuna opposizione, l’iter della domanda può proseguire e il marchio viene registrato. Se l’esito del procedimento di opposizione è favorevole al richiedente, o se non viene proposta alcuna opposizione, il marchio comunitario viene registrato (art. 45). La procedura di registrazione consta delle fasi seguenti:

• Pubblicazione del marchio registrato nel Bollettino dei Marchi Comunitari

• Emissione del certificato di registrazione.

Secondo l’art. 46, la durata di registrazione del marchio comunitario è di dieci anni a decorrere dalla data di deposito della domanda. Conformemente all’art. 47, la registrazione è rinnovabile per periodi di dieci anni.