MARCHI & BREVETTI

31 marzo 2013

Il brevetto tecnologico tra presente e futuro

di Giuseppe Caforio

 

E’ opinione comune che dopo l’era della industrializzazione e quella dell’informatica, ci sarà quella biotecnologica, che secondo alcuni è già iniziata.

Le biotecnologie consistono nell’utilizzo integrato di discipline biologiche ingegneristiche per la produzione di beni e servizi mediante l’utilizzo di organismi viventi, cellule e loro componenti.

L’utilizzo di microrganismi, usati per la produzione di cibi e bevande, era già applicato nel 6000 a.C., si pensi all’utilizzo da parte dei Sumeri e Babilonesi per la produzione della birra oppure da parte degli Egizi per produrre il pane. L’esistenza dei microrganismi nei processi di fermentazione fu scoperta da Antoni Val Leeuwenhoek nel 1680 grazie alla realizzazione del microscopio ottico.

Da quel momento si iniziarono a studiare i microrganismi creando anche delle classificazioni per garantire il giusto impiego nei diversi processi; infatti, nel 1876, Pasteur identificò nella presenza di microrganismi estranei, la causa del fallimento della fermentazione della birra.

La nascita della biotecnologia moderna e dei brevetti biotecnologici si colloca tra gli anni ’70 e ’80, quando furono messi a punto le tecnologie del DNA ricombinante in grado di modificare il patrimonio genetico degli organismi viventi.

Per brevetto, nel nostro caso biotecnologico, si intende: “la registrazione presso un Ufficio pubblico, di un nuovo prodotto o di un nuovo procedimento industriale, frutto dell’inventiva umana, allo scopo di ottenere diritti esclusivi di sfruttamento dei medesimi”.

L’invenzione, che è l’elemento caratteristico del brevetto, può essere raggruppata in tre categorie a seconda che l’oggetto di invenzione sia: un nuovo prodotto, un nuovo procedimento o anche un uso ovvero un’applicazione pratica del procedimento stessi.

Pertanto , il fine principale del brevetto è quello di assicurare all’inventore un riconoscimento certo della paternità intellettuale della creazione e quello di concedere un diritto di esclusiva o anche di monopolio per lo sfruttamento economico del prodotto. L’idea alla base del sistema brevettuale è che tale strumento dovrebbe essere usato dalle imprese e dagli enti che fanno ricerca per supportare l’innovazione, la crescita e la qualità della vita a beneficio di tutti. Il linea di principio, infatti, proteggere un’invenzione, acquisendo un diritto di esclusiva sull’idea, tutela gli investimenti fatti e incoraggia quindi l’applicazione concreta e la diffusione sul mercato: a questo riguardo, gli enti di ricerca pubblici, sebbene non sfruttino direttamente i prodotti delle loro ricerche, possono supportare operazioni di trasferimento di innovazione alle imprese, le quali si occuperanno dello sfruttamento commerciale dei trovati, remunerando gli enti per il loro contributo inventivo.

Sostanzialmente sono due i modi per proteggere un’idea: il segreto o la brevettazione. Queste due forme spesso si compensano e raramente si escludono.

Per il segreto, le procedure sono a “discrezione” del titolare della conoscenza e risulta più complessa la tutela in caso di contraffazione: se si verifica una divulgazione, la conoscenza è utilizzabile dai terzi che senza alcuna violazione sanzionale delle procedure di segretezza abbiano ricevuto informazioni.

Con il deposito di una domanda di brevetto, invece, si è legalmente protetti dal giorno effettivo di deposito, indipendentemente dalla successiva conoscenza da parte di terzi della soluzione brevettata.

Infine è importante ricordare che i brevetti costituiscono un’utile fonte di documentazione tecnica che permette di capire la direzione dei mercati e che un brevetto concesso è una pubblicazione prestigiosa paragonabile alla pubblicazione di un articolo su un’importante rivista scientifica.

Nascita delle normative nazionali e internazionali

Nel XIX secolo, l’apertura dell’età vittoriana del commercio e la divulgazione delle scoperte scientifiche creò la necessità di armonizzare le diverse legislazioni relative alla proprietà intellettuale .

Con la Convenzione di Parigi del 1883 si stabilirono le e regole e le procedure che fossero comuni per tutti gli stai firmatari.

La Convenzione di Parigi, stabilisce le seguenti regole di organizzazione:

Principio del trattamento nazionale: gli Stati firmatari devono concedere a tutti gli inventori stranieri che richiedono la registrazione del brevetto nello Stato in questione, almeno gli stessi diritti concessi a quelli nazionale;
Nei Paesi firmatari della convenzione viene concesso il termine di un anno per poter brevettare una invenzione: entro questo periodo il brevetto richiesto in uno degli Stati firmatari ha il diritto di precedenza contro qualsiasi altra similare domanda nel resto degli Stati membri;
Indipendenza del brevetto: dall’autorizzazione alla circolazione economica del prodotto.

Nel giugno del 1970, alcuni degli Stati firmarono a Washington il Trattato di cooperazione in materia di brevetti (PCT), al fine di ottenere l’automatica concessione di brevetti per la medesima invenzione in tutti gli Stati firmatari.

Il Trattato prevedeva un sistema di scambi di informazione sui rispettivi brevetti concessi dai rispettivi uffici, proprio con il fine di facilitare le concessioni.

Anche con il Trattato di Budapest sul riconoscimento internazionale del deposito dei microrganismi ai fini della procedura in materia di brevetti, del 28 aprile 1977, si può ravvisare lo stesso fine di armonizzazione internazionale. Il problema affrontato riguarda quelle invenzioni che hanno per oggetto dei microrganismi che comportano delle difficoltà nella descrizione del microrganismo in questione.

La soluzione prospettata è quella di depositare un esemplare presso un laboratorio o in una banca di culture microrganiche, definita autorità di deposito, che permette la conservazione agli effetti della conoscenza pubblica del brevetto e di future contese giuridiche.

Il Trattato di Budapest stabilisce che ai singoli Stati contraenti basta un unico deposito presso una “banca di culture” istituita dallo stesso accordo, per poter ottenere i relativi brevetti nei diversi Stati dell’Unione. Pertanto, alcuni stati hanno firmato diversi Trattati allo scopo di creare Uffici comuni, in grado di concedere brevetti validi in tutti gli Stati membri.

Tra questi, il più importante è la Convenzione sul brevetto Europeo (CBE), sottoscritta a Monaco il 5 ottobre 1973.

Dal 1883 al 1990 le politiche e le legislazioni nazionali erano solite lasciare ampia parte delle attività economica al di fuori della disciplina del brevetto, dichiarando non brevettabile una ampia gamma di nuove invenzioni. Tuttavia il PCT e la CBE stabilirono, per via negativa, ciò che può essere brevettato.

Per il PCT non possono essere brevettate:

Le teorie scientifiche e matematiche;
Le varietà vegetali, razze animali, procedimenti essenzialmente biologici per l’ottenimento di vegetali o di animali, esclusi i procedimenti microbiologici e i prodotti ottenuti mediante questi procedimenti;
Piani, principi o metodi per attività commerciali, per la realizzazioni puramente intellettuali, o per giochi;
Metodi per il trattamento chirurgico o terapeutico del corpo umano o animale e metodi di diagnosi;
Semplici presentazioni di informazione.

Per la CBE non possono essere considerate invenzioni:

Le scoperte, le teorie scientifiche o i metodi materiali;
Le creazioni estetiche;
Piani, principi o metodi per attività intellettuali, per giochi o per attività commerciali, nonché i programmi di ordinatori;
Le prestazioni di informazione

L’ultimo documento internazionale è la direttiva europea n.98/44/CE, 6 luglio del 1998. Trattasi di una normativa che al suo interno fornisce una serie di definizioni determinanti sulla brevettabilità; la direttiva si pone come fine primo quello di dare una risposta ad alcune questioni materiali relative al brevetto, fissando il principio della proibizione della brevettabilità del corpo umano, delle sue parti e di cellule umane germinali, nonché vieta la brevettabilità dell’embrione umano, i metodi di clonazione umana e i procedimenti di modificazione dell’identità genetica germinale dell’essere umano.

La direttiva, infatti, ha puntualizzato i limiti di applicazione dell’ingegneria genetica, garantendo al tempo stesso protezione giuridica per le invenzioni biotecnologiche.

Così recita l’art. 4:

“Non sono brevettabili:

Le varietà vegetali e le razze animali;
I procedimenti essenzialmente biologici di produzione di vegetali o di animali ;

Le invenzioni che hanno quale oggetto piante o animali sono brevettabili se l’eseguibilità tecnica dell’invenzione non è limitata ad una determinata varietà vegetale o razza animale;
Il paragrafo 1, lett. b), non riguarda la brevettabilità delle invenzioni che abbiano a oggetto un procedimento microbiologico o altri procedimenti tecnici ovvero un prodotto ottenuto direttamente attraverso siffatti procedimenti.

E così recita l’art. 5:

Il corpo umano, nei vari studi della sua continuazione e del suo sviluppo, nonché la mera scoperta di uno dei suoi elementi, ivi compresa la sequenza o la sequenza parziale di un gene, non possono costituire invenzioni brevettabili.

Sicuramente quello che merita più attenzione è l’art. 6:

Sono escluse dalla brevettabilità le invenzioni il cui trattamento commerciale e contrario all’ordine pubblico o al buon costume; lo sfruttamento di un’invenzione non può di per sé essere considerato contrario all’ordine pubblico o al buon costume per il solo fatto che è vietato da una disposizione legislativa o regolamentare.
Ai sensi del paragrafo 1, sono considerati non brevettabili in particolare:

I procedimenti di clonazione di esseri umani;
I procedimenti di modificazione dell’identità genetica germinale dell’essere umano;
Le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali;
I procedimenti di modificazione dell’identità genetica degli animali atti a provocare su di loro sofferenze senza utilità medica sostanziale per l’uomo o animale, nonché gli animali risultanti da tali procedimenti.

Si può in conclusione affermare che la direttiva concili tutte le esigenze di regolamentazione della ricerca biotecnologica con la domanda di controllo sociale sulla brevettabilità di qualsiasi materiale vivente, e si fa interprete di una necessità di non perdere di vista l’esigenza assoluta a garantire il rispetto della vita e il diritto alla salute in concomitanza alla tutela della sicurezza e dell’ambiente.

Requisiti essenziali per la concessione del brevetto

La concessione del brevetto, se come fine immediato tende a tutelare l’inventore, ha come finalità più ampia quella di garantire l’attività economica, derivante dall’uso del brevetto che riguarda non solo l’inventore ma anche l’azienda o l’impresa che in qualche modo utilizza l’invenzione brevettata.

Per sostenere il concetto di invenzione brevettabili, generalmente l’ordinamento giuridico fa esplicito riferimento a quattro requisiti che debbono potersi rilevare nell’invenzione proposta per la brevettazione: l’originalità o novità intrinseca, la novità estrinseca e quindi l’industrialità e la liceità.

L’originalità costituisce il punto essenziale, in quanto espressione dell’attività o sforzo inventivo; un’invenzione soddisfa tale requisito se, per una persona esperta del ramo, essa non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica. Questo requisito è conosciuto anche con il termine di non ovvietà. A differenza della novità, l’originalità è un requisito soggettivo ed interpretabile secondo il punto di vista degli esaminatori della domande di brevetto. Per questo motivo le contestazioni sull’attività inventiva possono essere in genere più facilmente superate di quelle riguardanti la novità.

Un’invenzione è considerata “nuova” (novità estrinseca) se non è compresa nello stato della tecnica. Da questo di deduce che è nuovo tutto quello ciò che non è stato in alcun modo divulgato. La novità è un concetto assoluto e oggettivo e pertanto è un dato che può essere, entro certi limiti, accertato. La novità di un invenzione non sempre è accompagnata dalla creazione di nuovi prodotti ma, come nel caso di organismi o materiali biologici, è data dalla loro utilizzazione, come nel caso più classico della applicazione farmaceutica di un organismo.

La industrialità si riferisce invece alla possibilità che il “trovato”, o l’invenzione, possa essere utilizzato, tecnicamente realizzato nella pratica o in grado di produrre costantemente un risultato utile.

Quanto alla liceità, è regola generale che non possono essere oggetto di procedimento di brevettazione quelle invenzioni il cui utilizzo o attuazione, o anche la sola pubblicazione, possono essere contrari alle regole dell’ordini pubblico, della morale e del buon costume.

Come e dove depositare la domande di brevetto

Per un inventore italiano è possibile depositare la prima domanda di brevetto (domanda prioritaria) sia in Italia, all'Ufficio Brevetti e Marchi, sia all'estero. La domanda prioritaria, che se non estesa all'estero condurrà ad un brevetto valido solamente nel paese in cui è stata depositata, è così definita in quanto la sua data di deposito (data di priorità) potrà essere rivendicata in successive domande depositate all'estero.

- Il diritto di priorità
La Convenzione di Parigi ha stabilito che chi abbia depositato per la prima volta una domanda di brevetto in uno Stato della Convenzione ha un anno di tempo per depositare domande corrispondenti in altri Stati e gli effetti di tali domande, per quello che riguarda la divulgazione ed anticipazione di altri brevetti, partono dalla data di deposito della prima domanda (Priorità). In pratica grazie a questa convenzione si hanno 12 mesi di tempo dalla data del primo deposito per depositare all'estero le domande corrispondenti.

- Brevetto italiano
Ad oggi in Italia l’ufficio Brevetti e Marchi non effettua un esame di anteriorità della domanda di brevetto. Si deduce quindi che una domanda di brevetto e un successivo brevetto concesso italiano siano “deboli” in quanto in caso di contenzioso l’esame avverrà in tribunale e pertanto fino ad allora non si ha alcun qualificato elemento a difesa della validità del proprio brevetto.
È in corso una profonda revisione della normativa che è volta ad armonizzare la disciplina nazionale con quella vigente negli altri paesi e a introdurre l’analisi di anteriorità svolta attraverso l’Ufficio Brevetti Europeo.
Un primo deposito italiano può essere conveniente per quelle invenzioni che necessitano di un’immediata protezione (es. nuove molecole), ma che allo stesso tempo necessitano di ulteriori messe a punto ed approfondimenti e che pertanto richiedono tempo per poter essere meglio definite. Inoltre la legge italiana consente (prima della cessione del brevetto, cioè entro almeno tre anni dal deposito) di correggere, integrare anche con nuovi esempi o limitare la descrizione, le rivendicazioni o i disegni originariamente depositati, purché l'oggetto del brevetto non si estenda oltre il contenuto della domanda iniziale.

-Brevettoeuropeo
Fino agli inizi degli anni '70 la domanda prioritaria veniva estesa paese per paese, mediante singoli depositi nazionali. Da allora, grazie alla Convenzione sul brevetto europeo (oggi comprensiva di 30, più altri 5 Stati a statuto speciale), nella quasi totalità dei casi l'estensione avviene depositando un'unica domanda presso l'Ufficio Brevetti Europeo, il quale dopo il superamento di un attento esame sostanziale, concede un brevetto europeo che però ad oggi non ha validità sovranazionale e deve essere nuovamente convalidato nei diversi paesi europei nei quali si desidera avere protezione.
A 6/8 mesi dal deposito di una domanda di brevetto europeo il titolare della domanda di brevetto riceverà un "Rapporto di ricerca", cioè una segnalazione di documenti anteriori ricollegabili all'oggetto della domanda di brevetto e che possono essere lesivi della novità e dell’attività inventiva, accompagnato da una "Opinione preliminare". Tali documenti sono utili strumenti per capire la “bontà” dell’invenzione con sufficiente anticipo per prepararsi alla fase di esame della domanda di brevetto, durante la quale i titolari dovranno rispondere a eventuali opposizioni e richieste presentate
dall'esaminatore.

- Peculiarità del Brevetto americano
Nel sistema americano vige il principio del “first to invent” e non “first to file”: è cioè sufficiente dimostrare di essere arrivati per primi ad un invenzione (anche se è stata depositata da altri) per averne riconosciuta la paternità, contrariamente agli altri sistemi brevettali dove chi prima deposita la domanda di brevetto acquisisce il diritto di monopolio. Inoltre, in caso di predivulgazione talvolta si può ricorrere al deposito di una domanda di brevetto americana: infatti negli USA è consentito depositare una domanda entro un anno dall’avvenuta divulgazione (grace period). Resta inteso però che tale domanda non potrà essere estesa in altre nazioni. Infine, negli USA il diritto al deposito spetta all’inventore, anche se dipendente di impresa privata, che provvederà poi a trasferire il diritto al datore di lavoro, generalmente per una cifra simbolica.

- Procedura P.C.T.
Utilizzata ormai su larghissima scala, la procedura Patent Cooperation Treaty, conosciuta come "domanda P.C.T.", costituisce una sorta di "prenotazione" per i vari paesi aderenti (136 al 1/01/07) nei quali potrà avvenire – entro un termine di 30/31 mesi dalla data di priorità – il vero e proprio deposito nazionale. Secondo la convenzione PCT, l'Europa è considerata un singolo paese, nel senso che al momento della decisione la domanda PCT si trasformerà in una "domanda europea". Per quanto
riguarda i vantaggi della procedura PCT, oltre a concedere un lasso di tempo relativamente lungo prima di impegnarsi economicamente nel deposito di brevetti in diverse nazione, fornisce anch’essa un rapporto di ricerca corredato da un commento scritto (written opinion) dell’esaminatore che rappresenta un parere preliminare sul brevetto. È possibile poi richiedere, dopo pagamento di un apposita tassa, un "Esame Preliminare". L’esito di questo esame, che non ha alcuna ripercussione
sulle procedure successive di brevettazione, può comunque essere utile per valutare la validità di un brevetto e quindi per evitare le spese di nazionalizzazione. Un brevetto viene pubblicato, cioè “reso disponibile al pubblico”, dopo 18 mesi dalla data del primo deposito.

Lo sfruttamento economico  del brevetto biotecnologico

Il deposito della domanda di brevetto deve essere considerato un punto di partenza. Una volta che l’invenzione è protetta, sarà quindi cura dell’inventore cogliere tutte le opportunità a disposizione (fiere, eventi, newsletter, articoli) per promuovere l’idea.

In tutte queste fasi, come nelle successive, è assolutamente indispensabile la collaborazione tra gli inventori e le figure di riferimento denominate “business developer”, necessarie per rappresentare in maniera idonea il valore del brevetto , soprattutto ai potenziali investitori e/o acquirenti. Inoltre è importante, anche dopo l’avvenuta pubblicazione della domanda di brevetto, firmare un accordo di segretezza con ogni terzo interessato ad acquistare informazioni sul brevetto. Le biotecnologie avanzate, vale a dire quelle che utilizzano le tecniche dell’ingegneria genetica sono utilizzabili sia per la ricerca scientifica che per la produzione industriale. Esse hanno portato, e porteranno ancora di più, un contributo fondamentale alla conoscenza delle basi molecolari dei fenomeni biologici e di conoscenza ad un approccio razionale alla protezione e alla cura della salute agendo in modo integrato sugli alimenti, sui farmaci e sull’ambiente. Correttamente utilizzate le tecnologie avanzate rappresentano uno dei più importanti strumenti a disposizione dell’uomo per migliorare la qualità della nostra vita. Le biotecnologie avanzate non rappresentano più solo interessanti tecniche in cerca di applicazione, ma sono oggi degli importanti strumenti a disposizione dell’uomo per migliorare la qualità della nostra vita. È ovvio che ci possono anche essere della difficoltà dal punto di vista etico ad accettare l’idea della brevettabilità del vivente, la bioetica infatti si deve occupare dell’applicazione tecnica dei trovati biotecnologici stabilendo i parametri attraverso i quali valutare la liceità o meno della singola invenzione biotecnologica in riferimento al suo specifico uso. La concessione del brevetto, dunque, costituisce non soltanto un giudizio sulle possibilità tecniche di sviluppo industriale delle creazioni brevettate, ma soprattutto un giudizio di valore tradotto nel fatto che l’invenzione in questione è utile al bene comune. Le questioni etiche sul cosiddetto brevetto vivente sono molte e per lo più aperte, con orientamenti che differiscono da Stato a Stato e da momento storico. La certezza è che la storia dell’uomo è votata al progresso che ogni aspetto problematico con il tempo, il buon senso e la maturazione, si è sempre superato.