DALL'EUROPA

30 giugno 2012

Le Capitali europee della cultura

di Lorenzo Robustelli

Il settore della cultura contribuisce al Pil, cioè alla ricchezza, dell’Unione europea per un valore tra il 2,5 e il 3%. Oramai la cultura è in ogni ganglio del lavoro di Bruxelles: dalla politica agricola, che valorizza i borghi storici, a quella dei media, con il sostegno alla distribuzione di film, spesso premiati. Dal 1985 sono state inventate le “Capitali europee della cultura”, proprio per promuovere da un lato la conoscenza del patrimonio e dall’altra offrire un nuovo stimolo alla crescita nel territorio. Attualmente i ventisette Paesi membri, a turno, ospitano ogni anno la Capitale, e di solito sono due Stati per anno, con due capitali. Nel 2019 toccherà all’Italia e già 14 città, tra le quali Perugia e Assisi, ed un territorio (Venezia e il Nord-Est) sono in pista. La gara sarà dura, la selezione severa, anche perché non si tratta solo di prestigio, ma anche di una grande occasione di crescita e di occupazione. La parola d’ordine deve essere, secondo gli studi effettuati in questi oltre 25 anni di esperienza, tenere lontane le autorità politiche. Spesso il fallimento di una candidatura o della gestione dell’anno di “Capitale”, si è visto che è stato dovuto ad un’eccessiva presenza e invadenza delle autorità politiche sulla struttura che deve realizzare il programma. Al contrario fondamentale è il coinvolgimento degli operatori culturali, sociali, economici e della popolazione per la preparazione di un programma culturale di grande qualità, che valorizzi l’esistente ma inventi eventi speciali, originali. Vale la pena riuscire in questo progetto perché il premio può essere davvero importante. C’è infatti il finanziamento europeo per l’attuazione del programma, che può arrivare a 1,5 milioni di euro, ma soprattutto c’è l’effetto volano per l’economia, che è stato misurato: per ogni euro investito può generane da otto a dieci. In questo momento di crisi pesante potrà forse essere qualcosa di meno, ma se anche il moltiplicatore fosse “solo” sei, si tratterebbe comunque di un ottimo sostegno alla crescita economica e il rilancio dell’occupazione.