LO SCAFFALE

A cura di Antonio Carlo Ponti

30 settembre 2012

L’Umbria in camicia nera (1922-1943).

Prefazione di Alessandro Campi
Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2011, pp. 588, euro 32.

 Mancava una ricostruzione, insieme accurata e oggettiva, cioè non di parte, anche se si intravede sullo sfondo una sorta di giustificazione del ventennio fascista, non tanto per quel che attiene alle origini violente e di sopraffazione, quanto al dodicennio, 1924-1936 delle riforme di welfare, della scuola, delle bonifiche, dell’edilizia popolare, della difesa del paesaggio, dell’architettura e dell’urbanistica. La storia dell’Umbria in camicia nera che emerge dalle profonde e varie indagini di archivio e bibliografiche della letteratura, peraltro non troppo prolifica in materia, è senza dubbio di ragguardevole livello storiografico, e l’autore, giovane dottore di ricerca e giornalista pubblicista si rivela uno storico di razza e un eccellente scrittore. Collaboratore alla cattedra di Storia delle dottrine politiche nell’Ateneo perugino, non a caso la prefazione acuta e ammirata la si deve alla penna di Alessandro Campi, Varasano non attenua le gravi responsabilità delle squadre fasciste scaturite dal timore e dal panico della borghesia verso il “Biennio rosso” 1919-1920 e le rivendicazioni dei socialisti e dei sindacati nascenti, anzi chiama “Intesa cordiale” la connivenza tra fascisti, forze dell’ordine e magistratura, e da qui la tolleranza alla violenza e l’attribuzione delle colpe sempre a carico sia dei “rossi” e dei cattolici sia degli Arditi del popolo del bevanate Argo Secondari. Il fascismo perugino, il che vale umbro, si incentra nella violenza contro i successi socialisti, vedi la giunta rossa nel Comune di Perugia del 1920, miseramente caduta dopo i brogli elettorali e i seggi e le case del popolo messi a soqquadro. Il libro di Varasano, davvero bello e affascinante – ma per omissione scientifica dell’editore, mancante sia della bibliografia ragionata sia, ed è ancor più incomprensibile, dell’indice dei nomi (e dei luoghi) – dà un quadro puntuale e inappuntabile degli svolgimenti storici e cronachistici del ventennio, illustrando non solo le lotte intestine nella nuova classe dirigente che emergeva, non solo la vergogna delle leggi razziali o i disastri della guerra, ma pure raccontando con pacatezza l’evoluzione della società, l’industrializzazione (Terni, Perugina, Spagnoli), l’agricoltura umbra che uscì in parte dal sonno millenario di una mezzadria occhiuta e frenante (una frase del futuro ministro assisano Tullio Cianetti è emblematica: C’è più distanza fra un mezzadro e un bracciante che non fra il padrone e il mezzadro). Chiude la corposa e leggibile storia dell’Umbria sotto il fascismo, una galleria di ritratti di protagonisti del PNF e dello squadrismo (fra i quali Giuseppe Bastianini, Felice Felicioni, Oscar Uccelli, Augusto, Cesare e Giulio Agostini, Elia Rossi Passavanti, Armando Rocchi, Sisto Mastrodicasa, Verecondo Paoletti, Agostino Iraci, e Alfredo Misuri, il più autorevole e lucido teorico del pensiero fascista, eretico ed entrato in rotta di collisione con Mussolini, espulso, esiliato, confinato e defraudato, la cui vita, finita nel 1951 nella sua casa di Castel del Piano, è raccontata nell’ amaro suo libro di memorie Ad bestias!).

Autore del libro Leonardo Varasano