RACCONTAMI L'UMBRIA

L'ultima frontiera

Articolo vincitore Raccontami l'Umbria 2011-sezione stampa

di Anissia Becerra

TESTATA: Bell'Italia

DATA DI PUBBLICAZIONE: Febbraio 2011

Una fila di turisti segue la guida,camminando con le racchette da neve lungo le morbide pendici che dalla vetta dell’Argentella scendono verso il Pian Grande, vasto altopiano carsico dominato dall’antico borgo di Castelluccio; un altro gruppo di escursionisti, poco lontano, scivola silenziosamente sugli sci da fondo lungo il versante della val Cànatra. In pieno inverno, gli amanti della natura della neve “estrema” si danno appuntamento qui, nel cuore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, per godere di questa natura e questa neve che emanano un fascino arcano. D’inverno, Castelluccio è un isola incantata che sembra fluttuare per magia sopra un immenso mare di ne ve e ghiaccio, racconta Rino Polito, noto acquerellista e paesaggista di Norcia. Difficile descrivere lo spettacolo di rara suggestione che questo paesaggio offre: sorpresa e stupore assalgono i visitatori che per la prima volta osservano dall’alto il borgo e i suoi tre piani, il Pian Grande, il Pian Piccolo e il Pian Perduto. Ma anche noi, che qui siamo nati e qui viviamo, continuiamo a emozionarci ogni volta. D’inverno, nelle giornate di sole, saliamo al belvedere di Forca del Piano, quando le cime dei Sibillini, dal monte Porche al Palazzo Borghese, dall’Argentella alla cima del Redentore, fino al Vettoretto e al Vettore, si stagliano contro il cielo terso, mentre il sole crea giochi di luci e ombre tra i gelidi canaloni che tagliano i pendii. Saliamo a Forca del Piano anche al tramonto, quando il vento si acquieta e il sole si specchia nelle distese di ghiaccio, infiammandole di sfumature irreali. Altre volte, infiliamo le ciaspole o gli sci di fondo e raggiungiamo l’incontaminata val Cànatra, alle spalle del paese, accanto al Pian Perduto. Qui non ci sono case, né costruzioni. La natura d’inverno domina selvaggia trasformando questi luoghi in spazi di pura bellezza e meditazione.

 In effetti d’inverno il piccolo borgo di Castelluccio di Norcia , arroccato sulla cima di un morbido poggio innevato, circondato dalla dorsale dei monti Sibillini e immerso nell’abbacinante candore dei suoi tre piani disabitati – uno dei più vasti anfiteatri carsici d’Italia – s’impone come un’apparizione fantasmatica, ai confini della realtà. E ai confini, Castelluccio è nato.

 Sorto nel XIII secolo come castello di poggio, col nome di Castello de’ Senàri (dal longobardo senàita, cioè confine, limite ), è stato per secoli l’ultima frontiera del territorio nursino e l’estremo presidio dei suoi pascoli comunali. Residenza delle famiglie di pastori impegnati nella transumanza, l’antico Castello – trasformatosi col tempo in Castel di Monte Precino e, dal ’500 in poi, in Castelluccio – costituisce uno degli insediamenti più elevati dell’intero Appennino. Situato a 1.453 metri di quota, è spesso battuto da generose nevicate e fa registrare temperature minime che raggiungono anche i 25 gradi sotto zero.

 Per secoli freddo e gelo lo hanno isolato dal resto del mondo, e fino quasi agli anni Sessanta Castelluccio restava inaccessibile da novembre ad aprile, al punto che fu imposto al parroco ”l’obbligo di suonare i sacri bronzi”, cioè le campane della chiesa, allo scoppiare di ogni bufera di neve: solo così si poteva indicare  la strada agli sfortunati viandanti. In tempi antichi, se qualcuno si ammalava, i castellucciani correvano a prendere la lettiga attrezzata per il traino a mano, poi sceglievano cinque o sei uomini tra i più robusti che, con gli sci ai piedi, trascinavano il malato fino all’ ospedale di Norcia, sfidando neve e vento lungo un tragitto di cinque ore. Il vescovo di Spoleto saliva al borgo a cavalcioni di un mulo solo all’inizio della primavera; d’altronde, lo si può capire: non c’erano strade allora, solo mulattieri infide e ghiacciate, e persino il postino arrivava quando glielo permettevano gli sci o le zampe del suo maremmano, fedele compagno addetto al trasporto delle bisacce.

Tra il 1960 e il 1965 sono state costruite tre strade asfaltate per Castelluccio e il suo secolare isolamento invernale ha avuto fine, ricorda Angelo Aramini, responsabile del Servizio turistico della Valnerina, entro cui ricadono Norcia e la frazione di Castelluccio. Oggi questo antico borgo rurale non è sempre solo raggiungibile, prosegue Aramini, ma si è trasformato in una delle località turistiche più ricercate del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Poco però è mutato rispetto al passato. D’inverno, Castelluccio si spopola ancora come un tempo: poco più di un centinaio di persone restano nel borgo, ad accogliere i turisti, mentre gli altri se ne vanno a svernare nella vicina Norcia.

Grazie anche ai fondi comunitari, il paese è stato ristrutturato, ma ha mantenuto intatto l’aspetto rurale tipico degli insediamenti appenninici: stalle e cascine si sviluppano a cerchi concentrici sulle falde del poggio, attorno al nucleo delle abitazioni, strette in cima. L’ambiente naturale circostante è rimasto vergine, protetto dal Parco Nazionale dei Monti Sibillini, e le strutture turistiche che si sono via via sviluppate hanno saputo armonizzarsi con i ritmi e lo spirito del luogo. D’altronde, è un turismo d’élite quello che,d’inverno e d’estate, si raccoglie qui a respirare la magia di questi antichi e immutati scenari. 

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