STUDI E RICERCHE

30 giugno 2013

Interconnessioni q.b.. Cosa bolle in rete?

Nel carrello delle Pmi umbre

di Luca Broncolo

Frontiera 2.0

Nel 2012 le vendite in Italia hanno fatto registrare un -2% nell’offline e un +18% nell’online. Nello stesso anno il volume d’affari dell’e-commerce ha superato i 21 miliardi di euro, dei quali tuttavia il settore Grocery vale solo l’1%. L’osservazione di questi due dati è stato il primo stimolo per la realizzazione della ricerca “Interconnessioni q. b.: cosa bolle in rete?”. Ci siamo concentrati sull’Umbria nella convinzione che, in un’Italia a tre velocità, essa rappresenti il valore centrale e sia quindi specchio dell’andamento mediano dell’intera nazione. Abbiamo preso in considerazione il settore agroalimentare in quanto grande protagonista del tessuto economico umbro e nazionale e anche perché, essendo tra quelli ad oggi meno presenti nel mercato online, ha potenzialmente grandi capacità di crescita. Abbiamo quindi voluto capire in quale misura queste opportunità siano già state fiutate. Sotto la lente d’ingrandimento di Methos e Archi’s Comunicazione è finito il 15% delle PMI del settore produttivo agroalimentare della Regione. Per dare massima rappresentatività al tessuto produttivo locale le interviste, effettuate con tecnica CATI, sono state rivolte a un panel eterogeneo di imprese operanti nelle filiera di cioccolato, conserve, fagiolina del lago, farro, formaggi, lenticchia, miele, olio, prosciutto, tartufo, vino, zafferano L’indagine è stata condotta attraverso l’osservatorio Big&Small che, dopo aver analizzato i vari format distributivi, dai mercati rionali agli ipermercati, dai discount alle grandi superfici specializzate, ha avviato un’analisi sul fare impresa nell’era del web 2.0 e su come la comunicazione digitale è intervenuta a ridisegnare gli equilibri, i processi di filiera e i comportamenti d’acquisto dei consumatori.

Cosa abbiamo scoperto

Per quanto riguarda la comunicazione, la maggior parte delle aziende (79%) utilizza strumenti tradizionali come la pubblicazione di flyer e brochure, l’acquisto di spazi pubblicitari su giornali e riviste e partecipa a eventi promozionali (71%). Una quota ancora maggiore (90%) ha un sito internet, il che fa desumere che viene percepita l’importanza di essere in rete anche solo con un sito informativo o “vetrina”. Il 10% che rimane completamente escluso dal mondo del web dà comunque un segnale di forte riluttanza culturale rispetto a internet e alle opportunità che esso può offrire. Non molto utilizzati, per comunicare, sono l’invio di newsletter (39%) e le azioni di co-marketing (32%). Il 62% del campione è presente su almeno un social network. Di questi, quasi la totalità (98%) ha un account Facebook, il 38% usa Twitter, il 9% Google+ e il 4% Linkedin. La cura dell’immagine online dell’azienda è affidata molto spesso a personale interno (65%) e più di rado a professionisti del settore (26%), a testimonianza di una diffusa gestione “fai da te” dei canali digitali. Tendenza confermata dalla frequenza di aggiornamento degli stessi che risulta settimanale nel 18% dei casi, mensile per il 14% e giornaliera solo per il 12%. Ben il 46% del campione dichiara invece di rinnovare e aggiungere contenuti su sito e social in maniera sporadica e senza una  cadenza definita. Nonostante quanto rilevato dai precedenti quesiti, il 49% degli intervistati si dichiara pienamente soddisfatto della presenza online della sua azienda e un altro 31% la valuta comunque discreta. Solo il 12% si dice invece insoddisfatto. Anche per quanto riguarda più specificamente il commercio online, dalla ricerca emergono dati almeno in parte contraddittori che lasciano trasparire smarrimento e incertezza sull’argomento da parte delle PMI. Quasi la metà del campione (46%) dichiara infatti di essere convinto che l’e-commerce sia un canale di vendita efficace. Tuttavia, il 64% degli intervistati non utilizza questo strumento e molti di questi sostengono di non vendere online per ragioni economiche e dimensionali. Nel concreto, una gran parte della piccola e media impresa non è in grado di sostenere l’investimento necessario per tecnologia e promozione. Di quelli che fanno e-commerce il 21% ha scelto di vendere direttamente dal proprio sito, il 4% si appoggia a siti “contenitore” esterni e l’11% utilizza entrambe le formule. La quasi totalità delle aziende che vendono online dichiara che i guadagni digitali oscillano tra lo zero e il 10% del fatturato complessivo. Nell’ambito del quadro tracciato non stupisce che il web marketing sia un’attività scarsamente adottata (13%) e che quindi nella maggior parte dei casi (54%) non si effettui nessun tipo di analisi degli utenti del sito, strategia altrimenti utile per capire gli interessi dei potenziali acquirenti. Molto interessanti sono le risposte alla domanda relativa alle azioni potenzialmente utili per incrementare la presenza sul mercato e trovare nuove opportunità di sviluppo. Le aziende intervistate indicano infatti come prima soluzione (25%) la creazione di reti d’impresa. Altri (17%) suggeriscono attività promozionali ed eventi, mentre un’altra fetta di intervistati (7%) parla della necessità di utilizzare maggiormente la rete.

Parola chiave: rete

I dati restituiscono una fotografia schizofrenica della realtà. Lo scenario nazionale e internazionale lascerebbe infatti immaginare grande fermento intorno al web e il fiorire di molteplici iniziative promozionali e di vendita 2.0. Abbiamo tuttavia scoperto che l’online, per le PMI, è un terreno paradossalmente ancora poco presidiato. I risultati raccolti costituiscono quindi a maggior ragione un’importante base di partenza per elaborare nuove strategie di sviluppo e per dare alle imprese quegli strumenti indispensabili per entrare da protagoniste nel mercato digitale. L’analisi e le sue conclusioni si rivolgono a quelle PMI che rappresentano l’ossatura del sistema economico italiano, ma che in ragione delle loro dimensioni e delle conseguenti ridotte capacità di investimento incontrano maggiori difficoltà nell’affrontare la sfida digitale e rischiano di rimanere schiacciate dal digital divide. Anche secondo quanto suggerito dalle stesse imprese del campione, per i piccoli e medi produttori la parola chiave è quindi rete. Rete come sinonimo di web e delle enormi potenzialità di promozione e crescita che esso è in grado di offrire, ma anche rete intesa come la capacità di fare sistema per superare le debolezza dei singoli grazie all’attivazione di sinergie e alleanze.

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