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30 settembre 2011

Un bene comune da salvaguardare

di Giarcarlo Marchetti

Oltre 2,5 miliardi di persone, più del 40% della popolazione mondiale, non dispongono di acqua pulita né di un adeguato sistema fognario. Già nel 1992 la Banca Mondiale, nelle stime del Rapporto sullo sviluppo del mondo, valutava che nel 2025 tre miliardi di persone avrebbero sofferto la carenza di risorse idriche. Quali suggestioni sia capace di evocare l’acqua nell’immaginario collettivo lo si è potuto constatare con il referendum del giugno scorso, sia per la partecipazione che per il risultato emerso dalle urne. I problemi dell’acqua, infatti, molto spesso non sono legati solo alla penuria, ma in larga parte ne riguardano anche l’uso, la qualità e gli sprechi. In Italia, paese ricco di risorse idriche, persiste una grande differenza tra regioni del nord e regioni del sud per ciò che riguarda abbondanza, accesso e distribuzione di acqua. L’Umbria, ad esempio, in virtù della sua conformazione geologica e della condizione orografica, è particolarmente ricca di acque sotterranee ed è caratterizzata da un reticolo idrografico superficiale abbastanza diffuso. Un bene collettivo che deve essere salvaguardato e gestito con grande cura. A questo proposito, infatti, fin dal 2000 è attivo nella nostra regione un sistema di monitoraggio quantitativo e qualitativo del sistema idrico superficiale e sotterraneo e la gestione delle stazioni di controllo e l’elaborazione dei dati viene effettuata dall’Agenzia di protezione ambientale (Arpa). Dai dati raccolti negli 2009 e 2010 emerge come, dal punto di vista quantitativo, la situazione degli acquiferi non presenti particolari criticità e, specialmente dopo gli interventi effettuati nel complesso del sistema acquedottistico regionale, a seguito della siccità del 2003, l’Umbria sia in grado di garantire un approvvigionamento costante anche durante periodi prolungati di magra. Per ciò che riguarda la qualità, invece, esistono delle zone di sofferenza determinate da fattori di impatto locali. Rispetto agli standard di qualità individuati a livello comunitario, si può infatti notare come tutti i corpi idrici monitorati appartenenti ai complessi idrogeologici alluvionali mostrino nel 2009 superamenti delle concentrazioni individuate come soglia limite per i nitrati. Le maggiori criticità sono state riscontrate nella Valle Umbra e nella Media Valle del Tevere. La presenza di tetracloroetilene è stata rilevata negli acquiferi della Valle Umbra (Petrignano, Assisi, Spello, Foligno, Spoleto, Cannara), della Media Valle del Tevere, della Conca Eugubina e della Conca Ternana. Ambedue gli inquinanti sono dovuti all’impatto antropico: le concentrazioni di nitrati sono prevalentemente determinate dal ricorso a pratiche agricole intensive, che implicano un forte utilizzo di concimi chimici e un’alta concentrazione di attività zootecniche, con particolare riguardo alla non corretta gestione dei reflui. La presenza di tetracloroetilene è invece riconducibile, spesso, ai cattivi comportamenti tenuti da attività industriali o artigianali nello smaltimento dei solventi. Per ciò che riguarda la qualità del sistema idrico superficiale (laghi e fiumi), Arpa Umbria è impegnata fin dal 2000 nel monitoraggio della qualità ambientale dei principali corpi idrici presenti nel territorio regionale. Con l’entrata in vigore della Direttiva Quadro sulle Acque, infatti, è stato introdotto a livello europeo un nuovo approccio per la valutazione dello stato di qualità delle acque superficiali, basato sull’analisi dell’intero ecosistema acquatico e sullo studio della composizione e abbondanza delle comunità vegetali e animali che lo costituiscono. L’Italia ha recepito nel 2008 la Direttiva comunitaria, estendendo le attività di monitoraggio anche a corpi idrici mai controllati fino ad allora e introducendo, nella valutazione dello stato ambientale, tutti gli elementi di qualità biologica, chimico-fisica e idromorfologica. Le valutazioni condotte nel corso degli anni sul reticolo idrografico superficiale hanno permesso di evidenziare alcune criticità che costituiscono un elemento comune e diffuso su tutto il territorio regionale. Tali criticità sono legate, da un punto di vista qualitativo, all’eccessiva presenza di nutrienti, alla mancanza di fasce filtro in grado di ridurre il carico di inquinanti sversato nel corpo idrico, alle carenze dei sistemi di trattamento dei reflui civili e industriali, alla cattiva gestione dei reflui zootecnici, e, in misura minore, alla presenza di microinquinanti di origine industriale e fitofarmaci. Da un punto di vista quantitativo, i problemi principali sono legati alla non ottimizzazione dell’uso delle risorse idriche, al mancato risparmio idrico e all’eccessivo frazionamento dei prelievi pubblici e privati (civili, agricoli e industriali), che determinano, in alcuni casi, un deflusso idrico non sufficiente a garantire la naturale funzionalità dei corsi d’acqua. A causa di queste criticità i corpi idrici principali che drenano le aree caratterizzate da maggior pressione antropica – Medio Tevere, aree vallive dei Fiumi Nestore e Chiascio, reticolo della Valle Umbra, bacino del Lago Trasimeno – potrebbero, per ciò che riguarda lo stato ambientale, non raggiungere, entro il 2025, l’obiettivo di “buono” stabilito dalla Normativa.