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31 marzo 2011

Green Economy: una nuova filosofia di vita

di Alessandro Petruzzi

Una crescita diversa, fuori dall’equivoco che ben-avere sia sinonimo di ben-essere,ma anche lontana da anacronistici steccati tra bisogni primari e secondari,realizzata all’insegna di una compatibilità ambientale,psicologica e sociale: la sfida per costruire il futuro è lanciata ai consumatori, alle imprese,alle istituzioni pubbliche. La crescita economica così come si è tradizionalmente manifestata non produce più benessere ne migliora la qualità del nostro vivere. Gli inquietanti risvolti ambientali, il drammatico problema delle risorse energetiche sono ormai sotto gli occhi di tutti. Non è sufficiente aggiungere il termine compatibile per restituire ruolo e legittimità alla crescita. Se parlare di decrescita – all’insegna del “Fermate il mondo che voglio scendere” – è solo una prospettiva utopica e conservatrice, si impone comunque un nuovo tipo di crescita. Che ha come presupposto un vero cambiamento nell’antropologia del consumo e stili di vita diversi di cui si vedono, già adesso, testimonianze intorno a noi. La società del futuro è quella della post-crescita: ne sarà protagonista il consumatore, novello Davide contro Golia. Soprattutto perché ha oggi in mano un arma potentissima il mondo web a cui fa ricorso non soltanto per massimizzare i propri diritti ed interessi ma anche per creare, più o meno consapevolmente, lo stato nascente di una nuova proposta di civilizzazione. Che non possa divenire il consumo – un tempo area del privato e del disimpegno – la nuova frontiera della partecipazione politica? Certo adesso, anche per i più accesi sostenitori dello sviluppismo ad ogni costo, è doveroso, o forse soltanto politicamente corretto, far seguire il termine sostenibile: una crescita rivolta anche a promuovere l’energia pulita affrontare i cambiamenti climatici, ridurre e contenere i gas serra. Ogni paese dovrà fare la sua parte: quelli sviluppati prendendo iniziative trasparenti per ridurre le emissioni di anidride carbonica, quelli in via di sviluppo accettando vincoli di rispetto ambientale. L’assistenza ai paesi più vulnerabili, e meno preparati a far fronte agli effetti dei cambiamenti climatici, garantirà un sostegno finanziario e tecnologico e un’occasione per trainare investimenti e la creazione di opportunità in tutto il mondo. Dalle indagini, dai rapporti, dagli studi economici emerge sempre più un dato che non stupisce ma che conferma il ruolo delle aziende e dei consumatori nella così della Green Economy e il ruolo che hanno e soprattutto avranno le così dette economie emergenti e trainanti. Fra queste la Cina che è il primo paese quanto a investimenti nella Green Economy con 171,1 miliardi di euro, seguono gli USA con 86,6 miliardi. Seguono Germania, Giappone, Francia, Canada e Gran Bretagna, quindi viene l’Italia con 1 miliardo. Secondariamente confrontando l’impegno di Cina e USA, in rapporto però alla totalità degli investimenti per governare la crisi, emerge che i cinesi hanno investito il 37%, mentre gli statunitensi appena l’11% e l’Italia è ferma a l’1%. Tali investimenti sono in parte la misura della lungimiranza dei governi di questi paesi. Infatti, per contrastare la crisi, soprattutto sul piano dell’occupazione, gli investimenti “verdi” potrebbero rivelarsi particolarmente efficaci, creando numerosi posti di lavoro, i così detti Green Jobs, oltre che un enorme business (nel prossimo decennio il mercato della green economy è destinato a raddoppiare il proprio volume). Sul fronte dei consumatori, da una ricerca realizzata dal GFK Eurisko, quindi su un campione, italiano, emergono dati interessanti, lo studio riguarda i comportamenti e la propensione all’acquisto dei prodotti verdi. In primo luogo, per l’84% degli italiani quella dei “prodotti green” non è una moda passeggera ma una scelta responsabile. Il 74% si dichiara disponibile a punire le aziende che non sono orientate in tal senso. Ma, a dispetto della maggiore disponibilità e fiducia verso le aziende più “Green”, solo il 3% si dichiara propenso a spendere di più per acquistare un prodotto eco-compatibile, secondo gli intervistati tale “surplus” di costo dovrebbe risultare a carico delle aziende e non dei consumatori finali. Inoltre, la ricerca rileva un’esigenza di maggior chiarezza verso i consumatori. Per l’80% degli intervistati ulteriori informazioni sulla eco-compatibilità dei prodotti sarebbero necessarie anche al momento dell’acquisto, soprattutto per districarsi dalle dichiarazioni promozionali prive di sostanza che talvolta le aziende producono a cui non seguono reali benefici sotto il profilo ambientale. In tal caso si parla di greenwashing “ingiustificata appropriazione di virtù ambientaliste”. Per il 67% del campione i benefici ambientali devono essere chiari, attendibili e verificabili nel tempo. C’è una chiara domanda da parte dei consumatori verso l’eco-sostenibilità, ma c’è anche una forte cautela perché la situazione non è chiara, i consumatori non si sentono tutelati ne tantomeno assistiti all’atto dell’acquisto, chiedono maggior chiarezza ed informazione (l’82%, desidera un impegno da parte delle istituzioni e degli stessi produttori.) Un ruolo importante viene richiesto alla comunicazione, che deve essere regolata per evitare che nel gran “calderone verde” si possono nascondere troppe comunicazioni false, non sostanziali o forvianti riguardo ai presunti benefici dei prodotti dal punto di vista ambientale. Quindi “l’interconnessione mondiale come scrive anche Papa Benedetto XVI nella recente enciclica ha fatto emergere un nuovo potere politico, quello dei consumatori e delle associazioni”, scrive sempre il Papa “è bene che le persone si rendano conto che acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico. C’è dunque una precisa responsabilità sociale nel consumatore. I consumatori vanno continuamente educati al ruolo che essi quotidianamente esercitano e che essi possono svolgere nel rispetto dei principi morali.” Quando notiamo dei prodotti non-etici, diventa fondamentale il metterci insieme e boicottare tali prodotti: è questo il nuovo potere politico dei consumatori del quale parla il Papa. (Gli americani lo hanno utilizzato contro la Nike e hanno vinto, mentre noi italiani lo abbiamo sperimentato in una campagna contro la Del Monte Kenya, e abbiamo vinto.) Se la crisi globale rischia di rendere tutti più poveri, forse vale la pena di riscoprire la sobrietà; se l’inquinamento e lo sfruttamento delle risorse naturali sta minacciando il nostro futuro, forse bisogna capire che si può vivere meglio con meno; se le nostre giornate sono assediate dal lavoro, dal traffico, dallo stress, forse si può tornare ad un rapporto più equilibrato con il tempo e lo spazio che ci circonda.