Il credito in Umbria

A cura di Federico Fioravanti

Intervento di Marcello Siena

responsabile direzione credito BpS

Un quadro generale, che credo troverà d’accordo anche Marcello Siena. In questo momento in Umbria operano una una decina di banche. E si assiste pure a un fenomeno di aggregazione di istituti di credito, di fusioni (Credito Cooperativo, Cassa di Risparmio, Banca dell’Umbria). Come lavorano queste banche?


Parlo come uomo del credito, quindi come chi, tutti i giorni, ha a che fare con le situazioni operative. Si è già detto del quadro nel quale si opera. Aggiungo un altro aspetto: le banche  hanno questo tipo di perimetro in cui operare: una realtà in cui sicuramente è difficile avere depositi a disposizione per fare investimenti. Questa è una crisi che parte da molto lontano. Comunque, negli ultimi anni, soprattutto nella nostra regione, molte imprese non sono riuscite a sviluppare nuovi investimenti, non tanto per la mancanza di credito quanto per la mancanza di programmazione industriale. Soprattutto è venuta meno da parte del sistema bancario l’opportunità di individuare dei flussi economici prospettici. Mentre prima ci si rapportava con gli imprenditori nell’analizzare un programma di investimento, da supportare con operazioni strutturali, è scemata pure l’opportunità di sviluppare approfonditamente il credito cosiddetto “commerciale”, cioè la capacità di smobilizzare il credito a breve che, stranamente, è crollato in maniera importante.
Spesso mi confronto con molti colleghi, che sono presenti oggi a questo forum. Non è che il sistema bancario abbia ridotto di per sé gli accordati: il fatto è che gli accordati si sono spostati dal breve al lungo termine; quindi per tutte le imprese, le microimprese, gli artigiani, queste piccole realtà che una banca come la Bps assiste storicamente, c'è stata una maggiore difficoltà ad avere accesso a linee di credito per lo smobilizzo del credito commerciale. E le banche non hanno trovato l'opportunità di fargliele utilizzare.
C'è un'altra riflessione da fare.Quando si affronta un’analisi di merito creditizio, cercando di conoscere la storia dell’impresa, ci si accorge, soprattutto in una realtà come la nostra, di come la storia delle nostre imprese sia una storia di breve durata. E' difficilissimo trovare imprese che arrivino alla seconda e alla terza generazione. E' perciò problematico valutare la capacità di diventare soci, perché una banca di per sé – prima avete accennato al fatto che buona parte dell’attività di sviluppo aziendale è legata all’intervento del sistema bancario, fino al 91 per cento – è il primo socio dell’attività, ma spesso ha difficoltà a conoscerne la storia, soprattutto a vedere in prospettiva lo sviluppo dell'azienda. Faccio presente questo fatto non per generalizzare, ma perché caratterizza tantissime delle imprese che agiscono nel nostro territorio.

L'edilizia, secondo le cifre, è il settore che soffre di più...


Il settore edilizio, di per sé, se uno guarda la storia, non contempla solo microimprese, ma pure grandissime imprese, che però hanno sempre costituito società di scopo, legate a un singolo investimento, che con il singolo investimento si apprestano a fare la loro richiesta di credito presso il sistema bancario. Lasciando alla banca, finito l'investimento, di trasferire quel debito presso gli acquirenti, con la relativa ipoteca, oltre che la necessità di gestire un’attività a lunghissimo termine.
Ritengo che la banca debba essere il primo partner della struttura imprenditoriale. Ma come socio ha la necessità di condividere interamente con l’imprenditore, o con chi chiede credito, sia la storia passata sia quella prospettica dell'azienda.
Io sfido molti dei miei colleghi qui presenti a fare incontri o analisi di concessioni del credito basate, ripeto, sugli investimenti delle imprese. Diciamolo con franchezza: negli ultimi anni abbiamo parlato e attualmente ancora parliamo solo di consolidamenti, di postergazioni. Certo, è un dovere del sistema bancario venire incontro a chi comunque dimostra una certa vitalità prospettica, ma quando la vitalità non viene rappresentata...

Ma trovare un terreno comune su quale programmare investimenti è molto difficile.

Per esempio, nei rapporti con i consorzi di garanzia. Anche da parte loro, adesso la difficoltà sta nell’appoggiare la capacità di sottoporre pratiche di finanziamento per aiutare a sviluppare un’idea, un nuovo investimento.
E i nuovi investimenti non possono essere sempre classificati tra quelli che riguardano alcuni settori; occorre trovare l’opportunità (e credo che questo sia anche il tavolo in cui poterne parlare) a livello di sistema per individuare qualcosa che caratterizzi l’Umbria come crescita generalizzata in certi settori. Io dico sempre che abbiamo dei settori importantissimi, come, ad esempio, l’alimentare oppure la meccanotecnica, con imprese famose in tutto il mondo che potrebbero fare sistema. Ma in realtà si trovano ad affrontare gli argomenti creditizi da sole. Senza che si possa condividere anche con consorzi di garanzia o con le altre istituzioni un’opportunità di creare un forte investimento in questi settori.
Chiaramente, parlare di sofferenze significa accertare uno stato di fatto. E non è un piacere parlare di sofferenze o di qualità del credito, perché nel momento in cui si ha una sofferenza – e qui c’è il rappresentante massimo che è l’istituto di vigilanza – per la banca significa ammettere di avere sbagliato il suo investimento, il suo intervento. E non è certamente motivo di soddisfazione constatare di non aver individuato bene quell’azione creditizia.
Ma in questa fase non è tanto difficile reperire il denaro da investire quanto trovare la capacità di sviluppare interventi creditizi per qualcosa su cui investire con un flusso per il futuro. Quindi è importante il ruolo delle associazioni, soprattutto riguardo le piccole e medie imprese, i piccolissimi artigiani o commercianti, per far sì che emergano  le caratteristiche intrinseche di quella azienda specifica, che attraverso un incontro personale spesso non riescono ad essere rappresentate pienamente.

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C’è un dato Bankitalia sulle quote di mercato delle banche umbre. La quota di mercato dei primi cinque istituti bancari è calata, dal 2008 al 2011, dell’8 per cento, passando dal 73 per cento del 2008 al 65 per cento dei primi sei mesi del 2011. Le piccole banche guadagnano terreno.

Io penso che uno dei fenomeni che chiaramente ha colpito un po’ la nostra imprenditoria è quello della relazione personale che hanno gli imprenditori con il sistema bancario, e sicuramente la banca locale, quella del territorio, ha ancora un vantaggio importante: l’imprenditore di per sé, quando parla di denaro, cerca sempre il massimo della riservatezza e soprattutto la capacità di colloquiare con colui che alla fine risolve il problema in maniera veloce e sicuramente rispondente a quelle che sono anche delle rappresentazioni molto spesso non presentate sulla base di attività scientificamente prodotte.
Mi spiego in una maniera più semplice: il nostro imprenditore è abituato a parlare di se stesso per come è, non solo sulla base dei bilanci, o sulla base delle sue prospettive dal punto di vista dei budget, o dei piani economico-finanziari, dei prospetti; è abituato a parlare delle sue iniziative in maniera diretta, cercando di illustrare velocemente le proprie idee per trovare un supporto finanziario. E’ chiaro che nel sistema delle banche locali trova ancora qualche vantaggio perché l’imprenditore può essere individuato quotidianamente dalle banche, dal momento in cui si alza la mattina e prende il caffè al momento in cui la sera chiude la sua azienda, sapendo di aver messo in ordine le carte.
Le grandi istituzioni finanziarie hanno razionalizzato un po’, anche a livello procedurale, certi tipi di comportamento. E ciò ha avvantaggiato le banche locali, perché comunque sono rimaste sicuramente più vicine a coloro che hanno difficoltà a presentare dei dati economico-patrimoniali, come accennava Nafissi, basati su dei dati di bilancio, bilanci non sempre positivi. La banca locale percepisce più il senso della patrimonialità personale dell’imprenditore, percepisce più direttamente la capacità dell’imprenditore, come veniva citato, di mettere se stesso in discussione quotidianamente.
Il presidente Mencaroni ha detto bene: nell'impresa  del commercio sono in due. E' tutta lì l’azienda; la banca locale lo percepisce storicamente, quindi il vantaggio è sicuramente questo. La difficoltà, però, sta nel fatto che molto spesso, negli ultimi tempi, questi piccoli imprenditori si sono confusi pensando che con le tutele del rischio, a cominciare dalle garanzie reali piuttosto che quelle consortili, si possa ovviare a quelle che sono le loro necessità di credito in maniera veloce. Prima è stato citato il detto che le banche offrono l’ombrello quando c’è il sole. A chi mi fa questa osservazione io rispondo sempre: è giusto che venga offerto l’ombrello, perché l’imprenditore è come quello che sa che prima o poi pioverà e l’ombrello se lo prepara prima, lo tiene in casa. Una preparazione preventiva è sicuramente uno degli aspetti sul quale la nostra imprenditoria deve culturalmente migliorare.

Il problema è però togliere l'ombrello sotto il nubrifagio...

Io non credo che sia stato tolto l’ombrello. Ho ricordato prima di come la parte degli accordati creditizi sia rimasta sostanzialmente molto stabile e molto elevata nella concessione del credito, nello smobilizzo del credito a breve, che invece si è andata man mano trasformando in un credito a lungo termine. Soprattutto per operazioni di consolidamento. Questa è una mia provocazione. Sfido sempre gli imprenditori a venire in banca e a presentarci qualcosa su cui investire per il futuro.

Questo è un tema cruciale.

Così come si sfida spesso l’imprenditore, e di questo ringraziamo i consorzi di garanzia, a distinguere bene quella che è l’attività economica da quella finanziaria.
Noi abbiamo vissuto un periodo in cui qualcuno ha confuso molto la crescita economica con la dimensione finanziaria. Siamo tornati al momento in cui l’imprenditore serio sa distinguere benissimo il fatto dei ricavi meno costi e che questi ricavi comunque si devono trasformare in incassi, perché la banca può solo smobilizzare questa fase; la banca può aiutare a intervenire nel programma di investimenti, ma non si può sostituire all’imprenditore nel programma di investimenti, quando lo stesso imprenditore non è in grado di assicurare la propria determinazione e la propria capacità di impresa. Così come, ripeto, le tutele, le tutele sono importantissime e ben vengano i consorzi, perché le banche riescono assolutamente ad avere una riduzione del proprio assorbimento patrimoniale man mano che hanno a disposizione garanzie di consorzi fidi, ai sensi dell’articolo 107. Ma ben vengano. Noi siamo prontissimi a questo tipo di discorso. Il tema è un altro.
Grazie per gli spunti di riflessione che apre il suo intervento. Ma ascoltiamo anche alcuni pareri di chi è presente in sala. A partire da Maria Rosi, vicepresidente della Commissione Attività produttive della Regione che, anche come imprenditrice, si occupa da tempo di questi problemi.