Il credito in Umbria

A cura di Federico Fioravanti

Intervento di Leonardo Nafissi

direttore Cofire Umbria

L'Umbria risente dello scenario italiano e mondiale. Come può la nostra piccola regione sopravvivere nella tempesta del credito?


Condivido le considerazioni del direttore Pasca. Negli ultimi mesi la situazione è peggiorata. Sembra quasi che il meccanismo si stia inceppando in modo progressivo. Il nostro sistema è composto da piccole imprese. Ce lo dicono le cifre: in Italia sono 5,5 milioni le imprese con meno di 50 addetti. Se parliamo di microimprese con meno di 10 addetti, comunque ci troviamo ancora con il 95 per cento del totale delle imprese e comunque con il 50 per cento di occupati. Questo è il sistema produttivo italiano. Da qui, secondo me, dobbiamo partire, con sano realismo, per programmare gli interventi necessari. Se immaginiamo che il sistema economico italiano sia quello americano piuttosto che un altro, ho l’impressione che, sbagliando l’analisi, poi tutte le misure che andremo ad attivare saranno inutili.
Se posso permettermi una prima “critica” rispetto alle politiche industriali degli ultimi anni – è proprio questo atteggiamento, spesso ripetuto: leggere sempre un fenomeno di impresa, che è forse tipico di altri paesi ma non dell’Italia. Il che non significa certo che piccolo è sempre bello. Ma questo è il quadro dal quale in maniera lucida dobbiamo partire per capire quali interventi attuare.

Questa crisi sembra peggiore di quella del 2008: le imprese sono stremate.

Soprattutto le piccole imprese, le imprese artigiane, e non solo loro, in questa fase hanno veramente raschiato il fondo del barile, cercando di attivare meccanismi di ammortizzazione: hanno fatto lavori in economia, sistemato i magazzini, concesso ai propri dipendenti ferie pregresse di decenni. Proprio per tenere insieme un po’ tutto il sistema, hanno anche messo dentro l'azienda quelle poche o tante risorse che avevano accumulato. Ma oggi, questa seconda fase della crisi le trova molto più esposte. E in questo momento sembra quasi che ci sia un blocco complessivo anche dell’erogazione del credito. Vi sono pratiche deliberate sia dalla banca che dal confidi che non vengono erogate. Sappiamo che le banche hanno delle difficoltà e il mondo delle imprese, con la sua rappresentanza, ne deve essere consapevole. Non possiamo scaricare su altri difficoltà che sono giustamente di un sistema economico, finanziario e produttivo. Per cui ci dobbiamo mettere anche nei panni di un sistema bancario che ha difficoltà di varia natura, dalla patrimonializzazione alla liquidità. In questo quadro, il mondo Confidi è al fianco delle imprese.
Ma quello che in questo momento ci sembra impraticabile è una disdetta di tutti gli accordi a seguito della crisi in atto. Proprio perché il 91 per cento del finanziamento alle piccole imprese arriva dal sistema bancario, serve un patto di grande spessore, di alto profilo e anche di grande chiarezza nel quale ognuno per la propria parte deve riuscire a superare questa fase di difficoltà. Anche a costo di qualche sacrificio.
Alcune banche, per esempio, stanno disdettando convenzioni a seconda delle condizioni. Capiamo che in questo momento le condizioni sono esplose. Non abbiamo più parametri di riferimento. Però servono nervi saldi e serve ancora più compattezza da parte dell’intero sistema. Forse fino ad oggi ognuno è andato un po’ per conto proprio. E questo è un grande limite.

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Ma come favorire l'accesso al credito per le piccole e piccolissime imprese?


Viviamo una fase molto difficile per il credito, anche per la difficoltà di capire lo stato reale delle imprese. Siamo di fronte a bilanci che già risentono di tre anni di crisi e, di conseguenza, alcuni sistemi automatici, anche di valutazione, stanno mettendo in difficoltà gli istituti di credito. Questa maggiore difficoltà del sistema bancario a interpretare realmente l’impresa, ripeto, comprendendone tutte le difficoltà, diventa un ulteriore elemento di freno all’erogazione. Anche se, giustamente, dobbiamo reagire. Prima criticavo il fatto che in una certa fase si è andati un po’ per conto proprio. Devo dire che la crisi, invece, come giustamente faceva notare il presidente Mencaroni, ci sta portando a una razionalizzazione degli interventi, forse anche a una discussione meno di parte dei vari soggetti in campo. Secondo me, dovremmo tutti avviare una riflessione che non sia più soltanto del tornaconto personale del settore che si rappresenta, ma che apra un po’ più gli orizzonti. Perché da questa crisi se ne esce tutti insieme oppure si affonda tutti insieme. E' impensabile che qualcuno ne possa uscire singolarmente, è un po’ la stessa situazione che vive l'Europa in questo difficile momento della sua storia.
Di recente, per esempio, l'accordo Abi per la moratoria tra il mondo delle imprese e il sistema bancario ha dato una mano straordinaria durante la crisi. Altrimenti veramente ci saremmo trovati con dei bilanci delle banche disastrosi. Non a caso si è cercato anche di promuovere una proroga, non solo per allontanare il problema ma per consentire realmente di intervenire in modo concreto.
In questo caso, ho l’impressione che anche questa nostra concertazione debba portarci a mirare meglio alcuni interventi. Mi riferisco, per esempio, alla questione dei sistemi di garanzia, cui accennava il presidente Mencaroni.


Ma il sistema Confidi può funzionare meglio?


Il sistema di garanzia per il mondo delle piccole imprese è fondamentale. Partiamo dai dati concreti. Guardiamo al centro Italia, tenendo presente che in Toscana è presente Copa, un grande confidi del mondo all’artigianato che di fatto cambia un po’ la media nazionale. Ma comunque, se leggiamo  il dato della media italiana, vediamo che il 20 per cento del credito concesso alle imprese artigiane è intermediato e quindi garantito da un confidi. E' una cifra enorme. Significa che un quinto delle operazioni di finanziamento viene intermediato da un confidi. E l’Umbria si allinea a questo valore nazionale.
Non solo, se andiamo a leggere più in profondità questi dati – e ci riferiamo solo al medio termine, che prima è stato evocato come uno dei problemi – questa percentuale addirittura sale oltre il 40 per cento. Quindi i confidi, che in gran parte operano nel medio e lungo termine, sono determinanti nel favorire l’accesso al credito. A favore di chi? Sempre di quella microimpresa, ossatura della nostra economia, che abbiamo il dovere di tutelare. Perché è chiaro che la media e la grande impresa contrattano direttamente con il sistema bancario.
Ma per quanto riguarda il riferimento al sistema di garanzia, vorrei però dire che anche il mondo delle imprese e il mondo dei confidi devono imparare a comunicare meglio.
Il sistema di garanzia italiano è il principale sistema di garanzia in Europa. Considerate due dati fondamentali: il 60 per cento delle imprese iscritte a un sistema di garanzia è italiano; il 40 per cento del totale delle altre imprese rappresenta tutti gli altri Paesi europei, tra i quali Paesi importanti come Germania, Francia e Spagna. Questo dato fa capire come il sistema di garanzia italiano sia un sistema assolutamente unico, invidiato e radicato. E se mostriamo all'Europa qualcosa che ci viene invidiato,  forse dovremmo pensare a potenziarlo.