L’innovazione digitale nella PA: nuove forme di comunicazione e di servizio al cittadino

Interventi del pubblico

SABINA ADDAMIANO Docente e consulente di comunicazione-marketing.

Devo dire che ero venuta qui colma di aspettative, che sono state ampiamente superate perché sembrava che l’imputato sul banco fosse la pubblica amministrazione, con tutti i suoi ritardi, le sue inefficienze eccetera; siamo partiti dal parlare di pubblica amministrazione, siamo arrivati a parlare di come si parla con la pubblica amministrazione, quindi di come la PA comunica e di che cosa deve fare per ascoltare e parlare meglio con i cittadini.
Ma è stata chiamata anche in causa anche la competenza comunicativa e relazionale dei cittadini e delle imprese, evidentemente, in rapporto ai loro mercati di riferimento e in rapporto alle amministrazioni.
C’è un bellissimo verso di un poeta creolo, che ha vinto il premio Nobel per la letteratura, che recita: “To change your language you must change your life” - “Per cambiar lingua devi cambiar vita”.
Che cosa significa “cambiar vita”? Che tutti noi dobbiamo diventare “poliglotti” – per usare la bellissima espressione del professor Montesperelli – quindi dobbiamo tutti esperire una capacità di giocare su più registri linguistici. Questa attitudine si acquisisce soltanto studiando-studiando, imparando-imparando, facendo, come dico spesso, gli “spazzini della comunicazione”, cioè raccogliendo tutto per poi fare la "raccolta differenziata". Ma cercando di trarre da ogni interazione uno stimolo per mettere in discussione alcuni aspetti del nostro modo di comunicare, partendo dai grandi paradigmi che saltano, lo spazio e il tempo, fino a come noi gestiamo, nel nostro spazio e nel nostro tempo, le nostre interazioni.
Dobbiamo fare un salto culturale. Su che cosa dovrebbe lavorare la formazione? Mi ha colpito moltissimo questo ricorso all’infografica da parte della Camera di Commercio. Perché è il nuovo linguaggio su cui credo troppo poco si stia riflettendo in termini di formazione e anche di modi di rappresentazione della conoscenza che ne cambiano la configurazione. L’infografica è un rapporto completamente nuovo tra parola e immagine, che nella cultura occidentale, forse dai codici miniati in poi, non si è mai dato.
Lavoro spesso con i conservatori e con le accademie di Belle Arti. Forse le accademie su questo potrebbero dirci qualcosa, attraverso i loro corsi di web design, o di visual design, riguardo a che cosa diciamo quando stiamo comunicando e sui linguaggi che utilizziamo per comunicare.
Da questo punto di vista mi è piaciuto molto un richiamo – sottinteso ma non troppo – della dottoressa Bianconi alla burocrazia come parte a pieno diritto della classe dirigente. E quindi anche con un accento, che mi è parso di cogliere, sul fatto che, al di là di tutti i nostri ragionamenti sulla efficienza, sulla trasparenza, sulla meritocrazia, c’è un tema di efficacia su cui dobbiamo interrogarci, cioè su come tutte queste componenti convergono a una capacità di generare valore nel rapporto tra cittadini e amministrazioni, e quindi anche in un’autopercezione di ruolo dei dirigenti pubblici che credo sia molto importante in questo momento.
E poiché sono una “spazzina della comunicazione”, oltre che della formazione, mi piacerebbe molto che, nelle sedi opportune, magari anche in quella camerale, si riprendessero in mano due direttive di undici anni fa, di quando alla funzione pubblica c’era il ministro Frattini: la direttiva sulla comunicazione delle pubbliche amministrazioni e la direttiva sulla formazione. Quest’ultima disposizione suggeriva alle amministrazioni di devolvere il 2 per cento del proprio bilancio annuale a iniziative di formazione che andassero a impattare sulla configurazione organizzativa.
E poi, visto che stiamo parlando anche di processi decisionali, non vorrei dimenticare il protocollo informatico che nelle sue ultime evoluzioni normative, suggerisce una reingegnerizzazione dei processi.
Le organizzazioni si dovrebbero orientare sulla centralità del valore che è prodotto, in ultima istanza, dai processi e non sulla loro rigidità di apparato.
A questo proposito, ricordo anche la normativa ispiratrice dell’URP, che risale a venti anni fa e che parlava degli uffici di relazione con il pubblico come dei "sensori" dei bisogni dei cittadini per reingegnerizzare i processi in funzione della creazione di valore.

 

Fotogallery