L’innovazione digitale nella PA: nuove forme di comunicazione e di servizio al cittadino

A cura di Federico Fioravanti

Intervento di Giovanni Gentili

Responsabile Agenda Digitale Regione Umbria

Ci preoccupa molto questo tema dell’alfabetizzazione, cioè di come fare questo salto, al di là della bontà delle leggi, della legislazione, delle tante iniziative dei vertici, ma poi bisogna tradurle in una regione in cui c’è molto pubblico, molta pubblica amministrazione.


Lei ha citato dei dati preoccupanti che riguardano la situazione del Paese rispetto al digitale. Ma ci sono altri dati ben più preoccupanti. La situazione italiana – e in questo noi in Umbria siamo in media, di solito leggermente sopra la media – è di un ritardo notevolissimo. Tutti, ormai, almeno ultimamente, citano il digitale come un’opportunità grandissima. E' tutto vero. Ma il nostro problema è soprattutto quello di un crescente divario di tipo culturale, che è ancora più complicato del divario infrastrutturale legato alla banda larga o agli strumenti tecnici.
Le ultime ricerche ci vedono indietro anche sui cosiddetti “nativi digitali”. Nel senso che è chiaro che le giovani generazioni utilizzano lo smartphone, oppure sanno tranquillamente installare una app, ma questo non vuol dire poi avere le competenze digitali necessarie per lavorare in una impresa, o nella pubblica amministrazione. Siamo gli ultimi anche in tutte le classifiche come numero di giovani iscritti a facoltà con indirizzo tecnico-scientifico.
D’altronde, bisogna ricordare che il digitale è veramente un’opportunità perché abbatte divari di altro tipo. Se l’Umbria ha problemi di trasporti, o di infrastrutture, oggi un’impresa è in grado di competere a livello globale, quindi si ritrova in casa la concorrenza globale, ma può ampliare il suo mercato. Il problema è affrontare il divario culturale, di capire come le possibilità del digitale cambiano completamente il modo di lavorare e quindi cambiano il mercato.
Ma questo non coincide con la capacità di utilizzare uno strumento informatico. Il problema non è saper utilizzare un computer, che possiamo passare come un discorso di alfabetizzazione di base, ma vedere com’è cambiato il mondo, e come con il digitale cambia veramente tutto.
La Regione Umbria si è posta questo problema all'inizio del 2012, quando ancora il tema dell’Agenda digitale non era presente in tutti i mass media e in primo piano.
Le ricerche ci dicevano cose tipo: la metà della popolazione non accede a internet. Il dato di accesso in Italia oscilla tra il 52 e il 54 per cento. Quindi questo voleva dire che l'altra metà non aveva mai avuto accesso a internet. Parliamo di una popolazione sopra i sei anni, secondo il dato Istat. Allora abbiamo fatto una ricerca, chiedendo a queste persone perché non accedevano a internet. La risposta non è stata quella di non avere la banda larga oppure una rete velocissima, bensì: che ci faccio? Perché dovrei?
Una risposta allarmante al massimo. È come dire: a che serve? Che ci faccio? Questo atteggiamento significa non porsi neanche il problema. Perché se ho un problema economico oppure di competenze, magari lo risolvo. Ma se non percepisco che il mondo è cambiato il problema è grosso.
Questi dati ci dicono anche che le competenze di base nell’utilizzo degli strumenti nella pubblica amministrazione in Umbria, frutto di programmi ormai decennali, sono sopra la media nazionale.
L’uso di questi strumenti nelle imprese, invece, è sotto la media nazionale. Quindi nel territorio regionale c’è un problema di utilizzo anche di questi strumenti, oltre che un grande e non risolto problema culturale.
Un altro dato che abbiamo osservato è questo: anche in presenza di ottimi servizi online, come nel caso, per esempio, di InfoCamere e di altre, diverse amministrazioni che presentano ottimi esempi di digitalizzazione, questi servizi non vengono utilizzati appieno, né all’interno dell’ente né fuori.
Qui scontiamo il fatto che la metà della popolazione non si pone nemmeno il problema che ci sia o meno il servizio. Ma comunque, anche di fronte ad una competenza ed ad una offerta adeguata, i servizi non vengono utilizzati.
Su questo punto le ricerche concordano: non vengono affrontati i problemi organizzativi e non vengono rivisti i processi.
Quindi di si "digitalizza" l’esistente, non si cambia modo di lavorare. Il servizio online, quando c’è, si affianca a quello che già esiste, ma praticamente tutti gli studi dicono che quando si segue un processo di digitalizzazione dell’esistente, che rimane in parallelo con la carta, i costi aumentano e l’efficienza cala, se non cambiamo veramente il modo di lavorare.
Quindi la strategia che ha messo in campo la Regione è stata di porre questo tema del digitale, ripeto, non dell’informatizzazione, ma di come il digitale cambia tutto nella pubblica amministrazione e fuori.
Perché oggi il problema non è tanto aumentare l’efficienza quanto cambiare veramente anche il modo di collaborare tra pubblico e privato.
La presidente Catiuscia Marini ha voluto porre in primo piano questo problema inserendolo fra le tre priorità del programma della Regione: Lavoro, Sanità e, appunto, Digitale.
Alla realizzazione dell'Agenda Digitale, pertanto, è dedicata una apposita struttura che ha dato vita ad un percorso aperto. L'esperienza è iniziata nell'aprile del 2013 attraverso una consultazione pubblica centrata non sulla tecnologia ma su come il digitale poteva concretamente cambiare qualcosa in Umbria.
Sono state presentate delle ricerche anche dal punto di vista sociologico. A partire da come sono strutturate le imprese, perché noi non siamo la Silicon Valley e quindi non possiamo pensare a progetti che non attengano alla nostra realtà regionale.
Sono state raccolte online più di cento idee su azioni concrete da promuovere in Umbria, che sono state poi analizzate da gruppi di esperti e tradotte in progetti.
Contemporaneamente, si è costruito quello che è stato definito il “Tavolo dell’Alleanza”: tutti gli stakeholders tradizionali si sono incontrati attraverso un percorso aperto, centrato su questo fatto: nell’avviare la nuova esperienza, non si poteva seguire il tradizionale approccio "Top-down", di una informatizzazione dall’alto. Come dire: digitalizziamo, siamo noi la pubblica amministrazione. Si è scelta invece la via del confronto per capire che cosa possiamo fare insieme.
Perché siamo d'accordo su un altro fatto che è già stato ricordato: ai cittadini non interessa minimamente com’è organizzata al proprio interno l’Amministrazione, e di fronte ad una inefficienza se la prendono con il rappresentante che hanno davanti.
Siamo noi che dobbiamo porci il problema e sapere che oggi la maggior parte dei procedimenti della pubblica amministrazione è spezzettata nelle competenze di centinaia di livelli amministrativi. Va quindi affrontato il tema della collaborazione interna.
Ma non solo, il problema è che tutta la legislazione ci porta a un ruolo sempre più attivo, in fase preistruttoria, o addirittura con la SCIA anche come ruolo attivo nel costruire la pratica, da parte di professionisti e intermediari.
Quindi abbiamo assolutamente la necessità di ripensare questi servizi con la collaborazione esterna.
Tutto il percorso è stato incentrato su questo. E' un progetto presentato in maniera trasparente, che trovate sul sito della Regione (http://www.agendadigitale.regione.umbria.it).
In questi primi sei mesi siamo arrivati a definire 55 progetti, che sono perfino troppi; questi 55 progetti sono monitorati in pubblico, quindi sul sito è possibile controllare lo stato di avanzamento dei lavori.
I 55 progetti sono della Giunta regionale, ma dal percorso noi abbiamo cercato di stimolare tutti gli interlocutori umbri, dall’Università alle imprese, dalle  associazioni di categoria ai professionisti, perché, a loro volta, attivasserodelle iniziative.
Quindi la nostra speranza è di costruire insieme qualcosa che sia più ampio del piano previsto, che adesso ha un ambito triennale, ma che ha già portato anche a fissare delle risorse importanti nella nuova programmazione regionale. Il percorso è stato pensato in questo modo anche perché stavamo scrivendo la nuova programmazione 2014-2020. Quindi grazie ai fondi strutturali (la parola “strutturali” nel gergo europeo vuol dire appunto cambiare qualcosa nella struttura), alla fine, nel 2020, dovremmo avere inciso in modo profondo sull’Umbria.
Il 10 per cento delle risorse della nuova programmazione andrà all’obiettivo specifico, ma l’obiettivo finale dell’Agenda digitale è presente, per sua natura, ovunque e in maniera trasversale.
L'insieme dei progetti può essere consultato online. Ma il problema vero è attivare la collaborazione nel territorio. Abbiamo già diverse iniziative in cantiere. Altre ne vogliamo mettee in campo insieme all'Università ed alle imprese. La Regione punta su un percorso aperto di scambio di dati che crei valore per i servizi delle imprese. Un esempio: Confcommercio sta sviluppando dei servizi in cui però ci chiede la certezza dei dati. Un altro punto critico da superare è che spesso la PA pubblica dati e poi non li aggiorna e ciò rende complicato costruire un business intorno a quei numeri. Bisogna quindi sviluppare una collaborazione pubblico-privato su un tema che è di sistema nello sfruttamento delle possibilità che offre il digitale.
Tutto questo non passa da grandi investimenti economici ma occorre vincere una resistenza che è, prima di tutto, di tipo culturale.

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Abbiamo parlato dei ritardi dell'Agenda Digitale. Quali sono le azioni più urgenti per recuperare terreno?

Il concetto di “Open-Gov”, anche in questo caso, è quello di cambiare il rapporto con la pubblica amministrazione, andando oltre anche quello della trasparenza, modificando il modo in cui dialogano le politiche pubbliche. Il che certo non vuol dire togliere valore alle forme classiche di partecipazione che abbiamo in piedi, come il Tavolo dell’Alleanza, ma prevedere ulteriori forme di consultazione pubblica.
In questo senso, l’Agenda digitale è stata un’esperienza pilota, che altri uffici della Regione, in altri ambiti lontani da quello digitale, altre stanno seguendo cercando di aprire sempre di più la consultazione prima di decidere in maniera allargata.
La Regione ha anche uno spazio, nato per volontà della presidente Marini, denominato “E-democracy”, in cui qualsiasi documento della programmazione che viene discusso con gli stakeholders viene messo sul sito, in modo tale che chiunque possa dare suggerimenti su quell'argomento specifico.
È chiaro che ci si scontra anche con un problema di competenze. Ma c'è, su temi rilevanti, uno sforzo di comunicazione e semplificazione. A questo proposito nel percorso dell’Agenda digitale, non abbiamo solo promosso una consultazione pubblica online, ma siamo andati in giro per l’Università, nelle associazioni di categoria, a fare degli incontri per spiegare che cosa stavamo facendo, quale era lo spirito, quali i temi su cui si poteva dire la propria, spiegando che non era importante capire di tecnologia, quanto di quali problematiche potevano essere affrontate.
Quindi va cambiato l'approccio. Non basta la trasparenza. Gli open data partono dal pubblicare che cosa fa la pubblica amministrazione, ma hanno un valore che va molto oltre perché con quei dati posso poi promuovere veri servizi.
Oggi sono stati riportati degli ottimi esempi di efficienza. E io conosco tantissimi di ottimi esempi di aumento di efficienza nella PA. Ma abbiamo la necessità anche di occuparci di come i servizi della pubblica amministrazione sono percepiti all’esterno.
Quindi uno dei cardini dei progetti, che sono stati selezionati per l’Agenda digitale, è quello di ridisegnarli dal punto di vista dell’utente.
Con un termine complicato, si può parlare di co-design: vanno rivisti con la collaborazione dell’utente per capire effettivamente qual è l’esigenza più importante da soddisfare.
Ci sono dei dati molto interessanti nella ricerca del Politecnico: come Agenda digitale stiamo finanziando i Comuni per 1 milione di euro per interventi meramente organizzativi. I Comuni, con questi soldi, non possono comprare né software né hardware, ma devono riflettere sul modo in cui lavorano per cambiare e portare online lo Sportello unico delle attività produttive e dell’edilizia. La legge 8 punta sul SUAP come strumento importante.
Lo sforzo che abbiamo chiesto ai Comuni è quello di lavorare insieme, utilizzare questi soldi per cambiare il loro modo di organizzarsi, rivolgersi alla loro utenza. E alcune amministrazioni hanno già cominciato a fare incontri, per esempio, con i commercialisti per capire come migliorare il rapporto.
In questo senso, il problema non è tanto pensare al digitale come sostitutivo di qualsiasi altro rapporto. Prima ho detto che siamo andati a incontrare le persone fisicamente. Questo è importante, ma il problema è di che cosa ragioniamo.
Le ricerche del Politecnico, per esempio, ci dicono che il problema dello sportello unico, quello che viene richiesto dalle imprese, non è tanto che la procedura si accorci da dieci a sette giorni; il problema è tutto il tempo che loro passano prima per capire come devono presentare quella pratica, a chi la devono presentare...
Tutto questo è assolutamente esterno a come lavora l’ufficio internamente ed è anche molto complicato perché non coinvolge solo la Regione o solo il Comune. Noi abbiamo fatto un grosso lavoro sui testi unici per chiarire queste norme, ma il problema è che comunque il Comune si deve interfacciare con enti diversi, come ad esempio la Sovrintendenza.
Come si può allora lavorare insieme? La Regione si è assunta questo ruolo, di cercare di far "fare rete", di mettere a sistema un insieme di soggetti, con la prospettiva del servizio all’utente. Si fa questo andando anche a interpellare – e il percorso è in atto – anche chi usa questi servizi, perché dall'interno noi non abbiamo la possibilità di capire, per esempio, nell’edilizia, che il problema principale è: ma a chi mi devo rivolgere? Come faccio a scegliere l’ingegnere? Chiaramente, non è l’Ente pubblico che sceglie l’ingegnere, però c’è un problema che le persone, per quanto informate, devono risolvere.
Questo era il senso della vecchia legge 150 che ora si è un po’ smarrito. Ma ora l’Agenda digitale rimette un’altra volta al centro questa necessità. E da qui il problema di quali competenze servono per effettuare questo tipo di lavoro, perché non sono assolutamente le competenze amministrative. Io posso essere bravissimo nell’interpretazione del testo unico, ma qui ho un problema di relazione con l’utente, di ripensare e ridisegnare i processi.
Noi che cosa abbiamo fatto? Sul digitale stiamo sperimentando direttamente queste tecniche. Tanto è vero che in sei mesi dalla partenza del progetto è stata completata la riorganizzazione della Regione, accentrando tutte le funzioni dell’informatica in alcune strutture. E il numero dei dirigenti regionali è sceso da da cento a sessanta. Adesso ci sono tre strutture che si occupano di digitale in maniera accentrata e coordinata. È partito il riordino delle società in house. Non stiamo solo semplificando, stiamo riorganizzando. E' molto di più, è giusto che si sappia. La comunicazione, in questo senso, è strategica. Purtroppo poi, in generale, le risorse destinate alla formazione e alla comunicazione vengono tagliate.