Industria culturale, leva del turismo in Umbria

Altri interventi

PALAZZI PER LA CREATIVITA'
di Luca Ferrucci


L'Umbria - con la candidatura di Perugiaassisi 2019 a capitale europea della cultura - segnala una volontà di credere e investire nella prospettiva dell'industria culturale quale leva per il turismo.
Ma questa prospettiva può essere letta nel segno della continuità o della discontinuità. Se la candidatura va nel segno della continuità, ci ritroviamo ad interpretare la candidatura come un'intensificazione e proliferazione degli eventi culturali, disseminati in tutta la regione e supportati soprattutto dal denaro pubblico. Magari, riusciamo anche a fare piccole operazioni di restyling ad alcuni musei, con nuove mostre, oppure ad inventarci nuovi eventi capaci di attrarre turisti.
Ebbene, se la candidatura europea va all'interno di questa traiettoria di sviluppo economico, possiamo anche registrare nuovi flussi di turisti, portare nuova ricchezza economica in Umbria ma tutto sarà effimero e presto, finita l'euforia del 2019 (ammesso e non concesso che la nostra regione la spunti rispetto alle altre città italiane competitors), tutto tornerà come prima. Ci sono già state molte città europee e italiane che hanno avuto questo esito, per esempio Bologna e Firenze.
Al contrario, se la candidatura Perugiaassisi 2019 è vista e interpretata nel segno della discontinuità rispetto al passato, forse davvero possiamo costruire una nuova prospettiva strutturale tra cultura e turismo. Non solo mera conservazione dell'eccellente patrimonio storico e culturale, non solo mera valorizzazione degli eventi esistenti ma occorre progettare qualcosa di più. Occorre innanzitutto lavorare nella prospettiva di modificare il software - l'intelligenza terziaria - nelle nostre città, a partire da Perugia. Occorre lavorare sulla metamorfosi economica delle nostre città, nel rispetto delle nostre bellezze architettoniche. C'è una nuova economia che nasce e si sviluppa in alcune città, capaci di costituire l'humus di questi settori, fertilizzandoli con la nascita di nuova piccole imprese fondate da giovani.
Non più solo un commercio tradizionale, fatto di intermediazione di prodotti fisicamente realizzati altrove, ma una città fatta di un artigianato di qualità e di imprese "creative" legate alla cultura. Web designers, progettisti di software per le smart cities, creatori di multimedialità, tecnologi a supporto di strumenti per la gestione innovativa dei musei e così via.
Insomma, una classe creativa e qualificata di giovani, concentrata in immobili localizzati nel centro storico e capaci di sviluppare una nuova intelligenza terziaria al servizio del turismo e dei beni culturali.
La città di Perugia ha numerosi immobili - di proprietà municipale, demaniale ed ecclesiastica, oltreché di privati - che, almeno parzialmente, potrebbero essere messi a disposizione per questa prospettiva di sviluppo. In questo modo, davvero, riusciremmo a "costruire" una simbiosi forte tra la dotazione di beni culturali posseduti dall'Umbria, la generazione di una nuova industria culturale moderna e innovativa, la rivitalizzazione economica dei centri storici e lo sviluppo economico integrato.


ECCELLENZA NELLA RICERCA
di Gianni Bidini

L'industria culturale non è solo legata ai monumenti ma anche ad attività di crescita culturale, cui contribuisce in buona parte anche l'Università, non solo con azioni di diffusione dei risultati della ricerca rivolte agli addetti ai lavori (attraverso congressi, seminari, scambi docenti etc), ma anche attraverso la promozione di un modello di ricerca umbro ad attori internazionali, direttamente o indirettamente connessi al mondo della ricerca e della cultura.
Questo significa che oggi più che mai è necessario elaborare un modello umbro di crescita, in cui all'immagine della verde Umbria si associ l'immagine di una Regione eccellente sotto il profilo della ricerca tecnico scientifica, in grado di competere con le maggiori istituzioni scientifiche internazionali.
Questo permetterà all'Umbria di uscire dall'impasse in cui si trova ed evitare di avere solo un'oasi verde che vive di turismo ma senza produce; Umbria verde ed eccellenza nella ricerca potrebbe essere questo il modello Umbria?


CAMBIAMO PASSO CON L'UMBRIA 2.0
di Valerio Marinelli - segreteria regionale Pd Umbria

"La crisi economica impone un cambio di paradigma" questo uno dei leit motiv ripetuto da economisti, filosofi e sociologi nelle analisi avanzate nei trascorsi mesi. Con la crisi si chiude l'epoca della società della confusione, l'età dei divertimentifici, il tempo di un turismo voracemente consumista.
Il cambio di paradigma delinea una nuova scala di valori e quindi di desideri e aspettative del turista, incline oggi a ritrovare se stesso nelle esperienze che un territorio con la sua identità, i suoi ritmi, la sua bellezza può offrire.
In un momento in cui è ineludibile ripensare i caratteri dello sviluppo locale e la struttura produttiva dell'Umbria, il turismo si presenta tra le principali leve della ripresa economica. Le peculiarità della nostra regione, infatti, sono più di ieri potenzialità attrattive di straordinario livello qualitativo: si tratta di organizzarle in un quadro coerente di politiche coraggiose, capaci di investire su una trasformazione del settore che porti benefici già nel medio periodo.
Fuori da ogni consumata retorica, il turismo rappresenta un fattore centrale dello sviluppo locale in quanto incentiva il dinamismo delle attività economiche tradizionali, valorizza le specificità culturali del territorio, offre nuove e reali opportunità occupazionali. Tra i vari settori produttivi il turismo è quello che maggiormente è in diretta connessione con il locale, le qualità ambientali e sociali, i patrimoni culturali e naturali di un luogo. Il turismo diviene allora una via di ripresa economica in tutti quei territori dove esiste un sistema diffuso di eccellenze, dove si mantiene e si alimenta una comunità viva.
Va ancora sottolineato, per che negli ultimi anni si sta affermando una domanda turistica che tende a legare la visita al patrimonio artistico e paesaggistico a una richiesta di esperienza e partecipazione. In sintesi, è il modo in cui viene vissuta l'esperienza, e non solo la qualità assoluta dei beni culturali e ambientali, a conferire alla visita la dimensione di unicità e piacere, che determina a valle la fidelizzazione del turista, la distribuzione dei flussi e, di conseguenza, il miglioramento della competitività del comparto. Il possesso di qualche connotato di tipicità pur indispensabile all'interno di un mercato turistico sempre più segmentato, non trasforma di per sé un territorio in destinazione turistica.
Una delle strategie vincenti per l'Umbria risiede nella progettazione di esperienze, confezionando offerte uniche, integrate e, soprattutto, con una forte impronta identitaria. Per un turista consumatore consapevole delle proprie scelte e che pretende un ruolo partecipe nella visita dei luoghi, l'Umbria deve riuscire a coniugare una proposta che tiene insieme la materiale componente estetica con l'immateriale "genius loci".
E' perciò chiaro che la sfida primaria consista nel promuovere un modello di sviluppo turistico sostenibile, in grado di assicurare nel tempo il benessere socio- economico del territorio e intrecciare senza contraddizioni modernità e innovazione. Inoltre, al pari di altri temi inerenti l'economia e i servizi, anche il turismo deve essere affrontato nello spazio della cosiddetta Italia mediana. Territori come il Trasimeno non possono non guardare a un rapporto sinergico con la Toscana; ugualmente il ternano- orvietano non può rinunciare a tessere relazioni con l'alto Lazio, e l'alto Tevere con la Romagna e le Marche.
Di certo all'Umbria serve un rinnovamento e una decisa diversificazione dei prodotti turistici.
Sfruttiamo la risorsa Umbria è il refrain recitato da attori pubblici e privati. Giusto, ma in concreto come si traduce? La nostra regione ricchissima di cultura, storia, spiritualità vanta prodotti agricoli, enogastronomici e artigianali eccellenti, ha paesaggi magnifici, borghi stupendi, una natura fantastica. Eppure può non bastare, perché bisogna garantire un ventaglio di offerta anche più ampio, magari con proposte legate allo sport, alla convegnistica, al benessere e relax (fisico e spirituale), ai parchi e ai castelli (forse un po' sottovalutati).
La risorsa, anzi, le risorse dell'Umbria debbono trasformarsi in prodotti, cioè in pacchetti completi e fruibili dentro ai quali il turista trova la compiutezza di un'esperienza molteplice e poliedrica. E' sotto tale aspetto che si attende dall'Umbria un salto di qualità. Al proposito, per nulla secondaria è la questione marketing. Il brand Umbria ha il compito di divenire la cornice unitaria dove realizzare la coerenza delle varie iniziative di comunicazione che l'amministrazione regionale mette in campo per promuovere i prodotti turistici. Il brand è un'opzione ottimale se non risponde a una strategia economica difensiva, se dietro al simbolo e oltre all'informazione si elabora comunicazione. Occorre potenziare in fretta le applicazioni del web 2.0 con l'obiettivo di impostare un viral marketing attraverso cui nutrire una comunicazione organica- dell'Umbria sull'Umbria- sui social network.
Siti e blog sono invecchiati rapidamente, e pure la nostra promozione turistica necessita dunque di un aggiornamento.
Dietro al brand la nostra regione ha tanta sostanza. Numerosi gli eventi attrattivi che in particolare in alcuni periodi dell'anno contribuiscono ad animare realtà piccole e grandi. Pure gli eventi sono da mettere in rete, evitando sovrapposizioni tematiche e tempistiche nei territori, stornando competizioni balzane e controproducenti tra città. Di sicuro c'è il dato che il turista visita un luogo anche per un evento che lo attrae, ma non solo per quello. Di solito, poi, si sposta ad apprezzare le bellezze dei dintorni. La valorizzazione in un quadro integrato di medi e grandi eventi è importante. Non c'è dubbio, che Regione e amministrazioni locali hanno il ruolo di sostenere con il massimo del vigore e dell'impegno i microeventi; le iniziative, insomma, che derivano dalla vivacità del capitale sociale delle comunità e che fanno tanto la qualità della vita quanto la tipicità di un territorio.
Spesso sono queste attività a dare un valore aggiunto alla competitività commerciale, che va pensata come elemento di socialità di presidio umano e culturale oltre che economico. Lo stesso impulso va alla nascita di imprese creative su cui gli investimenti pubblici non possono essere marginali- da tenere nel perimetro di politiche capillari, in grado di far emergere risorse turistiche ancora sopite o latenti. Una strategia politica che esalta l'abbondante capitale sociale disponibile nel territorio è funzionale a dare continuità al flusso turistico, in Umbria caratterizzato da una stagionalità che vede nell'intervallo novembre- marzo il periodo più critico. Ed in questi mesi che, proponendo prodotti turistici abbracciati a micro eventi, è possibile tentare di allungare la stagionalità delle strutture ricettive e degli altri operatori.
La permanenza media dei turisti in Umbria è bassa e si attesta su 2-8 giorni. Un dato sul quale le politiche pubbliche si accaniscono, ma a volte finiscono per lottare contro i mulini a vento. Bisogna infatti considerare che il calo di tale indicatore è il risultato di epocali cambiamenti economici e sociali: i tempi di vita, e quindi di vacanza, si sono modificati. La tendenza statistica ci dice che le persone scelgono di intraprendere più vacanze nel corso dell'anno con meno giorni di permanenza. Quindi è prioritario procedere a una segmentazione del mercato turistico, al fine di predisporre prodotti capaci di intercettare la domanda di short break.
In aggiunta, in un momento così difficile per le tasche delle famiglie, la diversificazione dell'offerta turistica deve tenere pragmaticamente conto di un principio di equità: Umbria regione aperta, sostenibile e fruibile a tutti! Equità per chi in Umbria arriva ed equità per chi in Umbria accoglie. Insieme agli investimenti- che non sempre si identificano in risorse finanziarie- occorre pensare a particolari agevolazioni fiscali. Ad esempio, la tassa sui rifiuti che pagano le strutture ricettive assume una rilevanza diversa a seconda della stagione turistica: pensare a una sua rimodulazione non è improprio. Ragionamento per alcuni versi analogo vale per l'Imu, mentre la tassa di soggiorno pare una ricetta poco adeguata, se si calcolano i rischi di un'adozione scoordinata e la relativa barbara concorrenza tra territori che ne scaturirebbe.
Una delle principali caratteristiche delle politiche turistiche è la trasversalità. Ogni delega e materia di governo ha un'incidenza, dall'urbanistica alla cultura, dalle infrastrutture all'ambiente. Quello turistico è un prodotto complesso; la qualità degli elementi che lo compongono dipende in parte dalle politiche pubbliche, in parte dalle azioni degli operatori privati. E' evidente che strumenti come i Piani Urbanistici Complessi (PUC) o i Quadri Strategici di valorizzazione (QSV) per i centri storici, il Piano Paesaggistico regionale, il Piano per la valorizzazione delle aree protette rappresentino atti dirimenti per garantire la qualità dell'offerta turistica dal lato pubblico.
Le amministrazioni locali possono però fare di più riguardo l'aspetto fondamentale del modello di governance. La governance calda preciserebbero pignoli sociologi, ben diversa dai classici schemi di consultazione e dai tradizionali meccanismi di concertazione.
E' una dinamica di partecipazione deliberativa dove la Pubblica Amministrazione è uno degli attori. Ovviamente l'attore che indirizza verso l'interesse generale e prende le decisioni ultime. La relazione tra responsabilità del variegato capitale sociale di una comunità e la competitività del territorio è assai stretta. L'adozione di logiche organizzative relazionali tra le istituzioni locali, i privati (associati e non), la comunità di riferimento; la capacità di tracciare una progettualità comune, la volontà e la disponibilità reciproca alla cooperazione sono tasselli fondamentali dell'efficienza e dell'efficacia delle politiche turistiche.
L'aumento della competitività del comparto turistico umbro, quindi, passa anche da un rinnovato spazio di formulazione e condivisione delle scelte strategiche, attraverso sistemi di democrazia deliberativa che aggiungono senso e identità a un luogo, rafforzano il sentimento di appartenenza e la convinzione nelle proprie potenzialità. L'esperienza insegna che solo con nuovi metodi si raggiungono nuove soluzioni.
Altrettanto importante l'armonizzazione delle politiche turistiche su diversi livelli istituzionali: ai territori i programmi (le ormai prossime Unioni dei Comuni avranno competenza in materia), alle Regioni il progetto, allo Stato il ruolo di coordinamento funzionale a veicolare fuori dai confini nazionali il prodotto turistico. Dall'India o dalla Cina si viene a visitare l'Italia, difficilmente una sua regione. E' allora necessario migliorare l'articolazione delle politiche turistiche nazionali, se vogliamo intercettare l'enorme quantità dei nuovi flussi. Il Pd si sente impegnato anche su questo versante, perché intuisce i contorni di straordinarie opportunità per l'intero Paese.
Tornando in conclusione all'Umbria, la candidatura di Perugia- Assisi a capitale europea della cultura ci deve spingere a innovare con serietà, rapidità e sistematicità. Sia che la candidatura sarà vincente sia, malauguratamente, perdente lascerà un segno positivo. E' questa l'occasione, la fase per cambiare passo. Gambe in spalla.

 


BRODO DI CULTURA
di Antonio Carlo Ponti

1 Se carmina non dant panem, cultura dat panem et companaticum.
2 In un palcoscenico di nani e ballerine, cultura dat etiam circenses.
3 Non vero che Dante Alighieri non si mangia.
4 Assaggiamolo e diventeremo amici.
5 Per la pelle. E per sempre.
6 Quando i cannoni tacciono si sentono le Muse:
7 Calliope Melpomene Clio Erato Urania Polimnia Tersicore Euterpe Talia.
8 In Italia nel 90 % delle case non c'è un libro.
9 I bambini che vivono con genitori che leggono qualche libro da adulti
10 Leggeranno qualche libro. E saranno buoni cittadini. Non solo d'Italia.
11 Il lettore forte si chiama così perché legge un libro al mese.
12 Il 46% degli Italiani leggicchia 3 libri all'anno.
13 Speriamo non siano solo di Dan Brown o di Fabio Volo o di Federico Moccia.
14 Sempre meglio costoro che niente.
15 Se leggi libri scolastici studi, se leggi libri tecnici vuol dire che ti aggiorni. Cresci.
16 Tertium non datur.
17 Umbria arte.
18 Umbria architettura.
19 Umbria poesia.
20 Umbria musica.
21 Umbria turismo colto.
22 Umbria ACQUA AZZURRA.
23 Umbria ARIA PURA.
24 Umbria TERRA VERDE.
25 Umbria FUOCO SPIRITUALE.
26 Umbria MUSEI.
27 Umbria ARCHIVI.
28 Umbria ACCADEMIE.
29 Umbria BIBLIOTECHE.
30 Umbria CHIESE.
31 Umbria PALAZZI ROCCHE TORRI.
32 Umbria LAGHI.
33 Umbria SORGENTI.
34 Umbria MARMORE.
35 Umbria TRASIMENO.
36 Umbria SANTI:
37 Francesco Benedetto Scolastica Rita Angela Chiara Veronica.
38 Umbria quiete serenità bellezza libri paesaggio pietre fonti memoria.
39 La cultura impedisce la schiavitù
40 La cultura emancipa dilaga tracima trascina riempie rivoluziona sostiene rivendica accresce arricchisce.
41 La cultura dà forza chiarezza sicurezza.
42 La cultura dà coscienza al mondo.
43 Cultura capannoni belli e puliti.
44 Cultura fioritura.
45 Cultura vivere senza antipatie e disprezzo.
46 Urge sostenere l'industria della cultura.
47 Urge sostenere la cultura dell'industria.
48 Solo l'uomo colto libero.
49 Antonio Carlo Ponti

PROGETTO UMBRIA (per non dimenticare il futuro)
di Paolo Belardi

Così come recita il titolo del Forum, mi auguro anch'io che nei prossimi anni, in Umbria, l'industria culturale diventi una leva potente. Anche se il mio auspicio è subordinato a due condizioni. Prima di tutto vorrei che la polirematica "industria culturale" fosse affrancata dall'accezione negativa biasimata da Adorno e poi vorrei che questa leva, con la sua potenza, riuscisse non solo a sollevare ancor più le sorti del turismo, ma riuscisse anche a ri-sollevare l'attitudine progettuale delle diverse componenti sociali (politici, dirigenti, imprenditori ecc.). Forse perché per mia figlia non sogno un futuro da animatrice di villaggi-vacanze contrabbandati da beauty farm, così come per i miei studenti non sogno un futuro da conduttori di agriturismi clonati dagli spot del "Mulino Bianco", ma, permettendomi di volare alto, sogno per entrambi un futuro creativo, magari da ideologi visionari capaci d'inseminare la nostra terra con la forza delle idee. Ed allora, proprio perché, seppure implicitamente, ho evocato la figura di San Francesco d'Assisi (che è senza dubbio il promoter per antonomasia dell'industria culturale umbra), provo a spiegare il mio punto di vista rispolverando un'immagine-cult che, nei primi anni Settanta, ha bollato la nostra regione con un marchio tanto artefatto quanto indelebile. Mi riferisco alla scena-madre del film "Fratello Sole, Sorella Luna" (cfr. http://www.movieplayer.it/foto/la-locandina-di-fratello-sole-sorella-luna_122057/), diretto dal regista Franco Zeffirelli, in cui "il poverello" (in realtà Graham Faulkner), dopo essersi spogliato dei suoi abiti, è in procinto di varcare la porta urbica di Assisi (in realtà Castelluccio) affacciandosi su un'assolatissima valle Umbra (in realtà Pian Grande) illanguidita dalle melodie composte dal trovatore Riz Ortolani e cantate dal menestrello Claudio Baglioni. Un fotogramma di grande impatto emotivo, che non a caso ha fatto il giro del mondo e che, cortocircuitando cento anni di neoromanticismo latente, ha compendiato magistralmente le rime di Giosuè Carducci ("E il sol nel radiante azzurro immenso [..] ride a' monti [..] e al verde piano"), le laudi di Gabriele D'annunzio ("A lungo biancheggiar vidi, nel fresco fiato della preghiera vesperale, le tortuosità desiderose") e la prosa di Cesare Brandi ("Dagli sbocchi delle strade che scendono verso la pianura, un cielo aereo e lontano scopre sempre una nuova fila di monti"). Tuttavia, con il senno del poi, è innegabile che la macchina cinematografica di Zeffirelli (al pari delle penne stilografiche di Carducci e di D'Annunzio e della macchina da scrivere di Brandi), pur operando a livelli di assoluta eccellenza, non ha fatto il bene dell'Umbria, divulgandone un'idea che, a distanza di quarant'anni, rischia di rivelarsi un vero e proprio boomerang. Sono infatti convinto che, nel giro di pochi anni, la nostra regione sconterà i limiti di un'economia che, confondendo il mezzo con il fine, si è cullata sulle presenze turistiche garantite dal cliché di "cuore verde d'Italia", rinunciando a ogni forma di progettualità. Il che sta penalizzando e penalizzerà sempre più le nuove generazioni.
Ed allora, proprio in virtù dell'amore (oltre che del rispetto) che nutro per i giovani, approfitto dell'occasione per rilanciare la proposta, avanzata a più riprese dal presidente di ANCE Umbria Massimo Calzoni, di rimboccarci le maniche e lavorare tutti insieme (magari anche appassionatamente) a un nuovo "Progetto Umbria": da un lato per scongiurare la trasformazione della nostra regione in una grottesca "Disneyland vernacolare" e dall'altro per cominciare ad attrarre non solo gli artisti in età da pensione, ma anche i professionisti in età produttiva. Un processo difficile, ma non impossibile, che presuppone la dismissione delle icone più propagandate (suggellate dalla tronfiaggine dei priori irsuti che gremiscono i cortei storici ma sconfessate dall'impaccio dei dilettanti assoldati per popolare le scene dei presepi viventi) e l'assunzione di nuovi valori. A cominciare dalla sostenibilità ambientale (e qui vengo a ciò che conosco meglio): un valore tipicamente nostrano, perché insito da sempre nel DNA delle nostre città. Anche se non ne abbiamo la dovuta consapevolezza. Forse perché, leggendo le riviste (ma anche frequentando i convegni), sembra quasi che un edificio nuovo, tappezzato con vetrate a doppio involucro e farcito con pannelli fotovoltaici, sia più sostenibile di un edificio vecchio, rivestito in pietra e scavato da chiostrine. Niente di più falso. Se è vero, infatti, che costruire in modo sostenibile significa soprattutto non sperperare inutilmente le risorse ambientali e governare virtuosamente il riciclo degli scarti, non dovrebbe essere difficile persuadersi del fatto che i complessi più sostenibili in assoluto sono proprio i nostri centri storici: che sono cresciuti su se stessi minimizzando il consumo del suolo e dove ogni singola pietra, ogni singolo mattone, ogni singolo capitello non è stato smaltito in una qualche discarica di periferia, ma è stato recuperato e riutilizzato. Se non addirittura reinventato. Penso alle chiese di San Michele Arcangelo a Perugia e di San Gregorio Maggiore a Spoleto, composte con materiali di spoglio prelevati da monumenti ancora più antichi. Così come penso alla continuità figurativa del tempio della Minerva di Assisi e della rocca albornoziana di Spoleto, che hanno mantenuto un ruolo primario nell'ambito del paesaggio urbano nonostante la diversità delle funzioni assolte nel corso dei secoli. Perché la sostenibilità ambientale, per noi che abbiamo nelle vene il sangue di Matteo Gattapone, di Giuseppe Piermarini e di Mario Ridolfi, non è un mito, ma è parte integrante della nostra quotidianità. Il che m'induce a concludere con una proposta operativa. Nel 2012 si celebra il quinto centenario della nascita di uno dei più grandi virtuosi dell'arte di "costruire sul costruito": quel Galeazzo Alessi cui è intitolata l'attuale sede camerale (ex chiesa di Santa Maria del Popolo) e che ha ridisegnato non solo il cuore vitale di grandi città come Genova e Milano, ma anche (e forse soprattutto) quello di Perugia, trasformandolo da borgo medievale in cittadella rinascimentale. Noi, però, ne siamo consapevoli? e, se lo siamo, ne siamo orgogliosi? e soprattutto: avvertiamo l'impegno etico che ne deriva? Sinceramente credo di no. Ed allora, anche e soprattutto in Umbria, ancor prima dell'incentivazione del turismo, il vero obiettivo di un'industria culturale illuminata dovrebbe essere la crescita morale e intellettuale dei cittadini. Per non dimenticare il futuro.