Industria culturale, leva del turismo in Umbria

A cura di Federico Fioravanti

Intervento di Francesco Scoppola

direttore Beni Culturali e Paesaggistici dell'Umbria

Direttore Scoppola, valorizzare il grande patrimonio culturale dell'Umbria è stato il leit-motiv di questa discussione.

Il patrimonio è già valorizzato e anche molto bene. Forse è il caso di riflettere su alcuni numeri. Una persona su settemila nel mondo vive in Umbria, una persona su tremila, nel mondo, visita l’Umbria. E una persona su mille è presente in Umbria, ogni anno, in uno dei nostri musei.  Siamo già oltre la media, dunque. Lo vogliamo chiamare “affollamento culturale”? Lo vogliamo chiamare “indice di attrazione turistica”? In qualsiasi modo lo si voglia definire, il nostro fattore è 7, perché se la popolazione del mondo fosse spalmata, in modo omogeneo per il turismo, noi avremo un milione di presenze, non i sette milioni che abbiamo.
E' vero che dobbiamo fare tanta strada, anche in direzione della meta della Capitale europea della Cultura e anche per tanti altri obiettivi. Però dobbiamo anche dire che siamo molto avanti. Non siamo in una realtà qualsiasi: l’Umbria è paragonabile al novero dei primi 5-10 grandi musei del mondo, i quali viaggiano sopra i 6-7 milioni di presenze annue. L’Umbria ha quasi 7 milioni di presenze annue, quindi gareggia in un blocco di testa nella volata del giro dei musei nel mondo. Allora non dobbiamo dire solo quello che c’è da fare. Dobbiamo anche avere la responsabilità e la consapevolezza di essere su un jet, lanciato ad alta velocità e di usare le accortezze e le cautele per gestire un primato che è in atto. Stiamo facendo una regata, non so quale altra immagine possa rendere l'idea. Siamo comunque nel pieno della competizione. E siamo anche nel gruppo di testa.
Vorrei fare due esempi concreti, per dimostrare quello che dico. Due esempi di questa giornata. In Umbria oggi si sta presentando un lavoro che altrove non c’è: quasi nessuna regione ha un catalogo, un album degli edifici antichi, con i rilievi archeologici dei monumenti. Noi sì. Per presentarlo, questa mattina è venuto da Roma Giovanni Carbonara, della Scuola di Restauro.
Poi c'è l'Arco Etrusco, per il quale sta partendo l'atteso restauro. E oggi Gisella Capponi, la Direttrice dell’Istituto superiore centrale del Restauro, non è in giro per l’Italia, è qui, a Perugia, da noi. Quindi l’Umbria è davvero già molto avanti. Non dobbiamo solo pensare di dover fare una lunga strada, sarebbe già molto bello riuscire a incrementare, conservare, rinforzare e perfezionare quello che abbiamo.
Ma voglio fare un terzo esempio, perché è questo l’aspetto che non riesco mai, forse per mia incapacità, a comunicare e a trasmettere.
La cultura è meno del pepe, è meno del sale, è meno del lievito, è meno del sistema nervoso nella massa corporea. Rappresenta una frazione piccolissima dei bilanci. Però può dar vita a molte cose. Pensiamo allo schema di ripartizione della spesa pubblica in Italia: più di un quarto è rappresentato dalla sanità; un  quarto circa scarso dall’istruzione. E su questa metà complessiva, siamo tutti d'accordo, occorre investire per il futuro. Circa un altro quarto della spesa è rappresentato dalle autonomie locali. Poi, una miriade di fettine piccole piccole delle altre spese pubbliche. Una fettina sottile, molto sottile, è quella rappresentata dai ministeri. E il ministero dei Beni culturali, tra queste queste fettine di spesa è la più piccola. Dunque, siamo la fettina più sottile della fettina sottile dello spicchio generale. Quindi, si potrà tagliare senz’altro anche da noi, e difatti lo si sta già facendo allegramente. Però bisogna anche rendersi conto che siamo solo una briciola sul tavolo apparecchiato, ma questa briciolà dà molto sapore...

Trovare risorse da investire nella cultura appare sempre una impresa...

Faccio un esempio, che risale a qualche giorno fa. All'inizio dell'Ottocento, in Umbria è morto Carlo Labruzzi, un noto disegnatore, un pittore, un artista che ha viaggiato per tutta Italia e ha disegnato e acquarellato bellissimi disegni, al punto che la Provincia di Perugia ne detiene alcune opere. Ora, sappiamo che la crisi è mondiale. Anche in Inghilterra sono in crisi. Pensate che il più grande edificio gentilizio nobiliare inglese è arredato da 99 disegni acquarellati di Carlo Labruzzi, splendidi paesaggi italiani.  Non faranno un’asta, faranno una mostra di un mese e ci saranno i prezzi, a mo’ di una galleria d’arte. Non è previsto nessun rilancio: questa tale veduta dell’Umbria costa trentamila euro, quest’altra ne costa cinquanta mila eccetera...
Fino a pochi giorni fa, si poteva acquistare in blocco tutti e 99 i disegni per mezzo milione di euro, o poco più. Si dirà: è un investimento in un momento di crisi come questa, chi ce l’ha mezzo milione di euro? Nessuno. Io ho provato a fare due, tre chiamate in giro, ma mi rendevo conto, non è aria di chiedere mezzo milione di euro. Ma non era mezzo milione speso, era mezzo milione investito: perché, a fronte di cento disegni, mezzo milione sono cinquemila l’uno, 99, cinquemila e spicci l’uno. Cinquemila euro l’uno significa che andranno in vendita a cinquanta mila, a diciottomila o a trentaseimila: uno a Singapore, uno a Taiwan, uno a New York, uno a Città del Capo. Abbiamo fatto un bel servizio!