Percorsi per l'internazionalizzazione del sistema Umbria

Altri interventi

LA PRIORITA' DELLE COMPETENZE
di Vincenzo Regnini - Presidente della Camera di Commercio di Rieti


Perché internazionalizzazione? Perché internazionalizzazione è una delle facce della globalizzazione, quella che rappresenta un'opportunità per le nostre imprese a fronte di un'apertura dei mercati vista il più delle volte con apprensione dal sistema economico locale. A maggior ragione in una fase in cui la crisi ha ormai reso i mercati domestici asfittici e la ricerca di nuovi sbocchi per i prodotti e servizi locali rappresenta una scelta, a volte l'unica, in grado di fare il paio con il concetto di crescita.
Muoversi in un contesto internazionale è tuttavia complesso per le micro imprese che compongono il nostro tessuto economico, le quali scontano notevoli carenze strutturali superabili facendo sistema ad esempio attraverso lo strumento delle "reti d'impresa" capaci di creare sinergie in tutte le fasi organizzative, a partire da quelle strategiche, tra imprese che, a differenza del passato, riescono in questo modo a valorizzare le proprie eccellenze anche sui mercati esteri.
E' in questo contesto che le Camere di Commercio, principalmente quelle operanti nelle aree interne del Paese, si ritagliano spazi operativi in sintonia con il sistema della rappresentanza, intervenendo ad esempio nelle aree della mappatura di mercato, dell'identificazione delle esigenze dei clienti, dell'assistenza nella contrattualistica internazionale e normativa più in generale, nella gestione delle procedure relative a credito e assicurazioni. In un momento in cui si discute delle dimensioni delle Camere di commercio e della loro razionalizzazione, ecco quindi che si apre uno spaccato in cui è il tema delle competenze e della specializzazione a conquistare la priorità indirizzando l'autoriforma già in atto nell'ambito del Sistema Camerale.

EXPORT NEL TERZIARIO, REALTA' IN CRESCITA
di Rolando Fioriti - Responsabile Internazionalizzazione Confcommmercio provincia di Perugia

In Italia sono circa 300.000 le imprese del terziario, il 10-12% del totale, che operano con l'estero, concentrate soprattutto in alcune regioni. L'Umbria è più indietro in questa classifica, perché numerose sono le difficoltà che incontra l'imprenditore che decide di operare sul mercato estero. Nonostante questi problemi non mancano le attività del terziario che vogliono allargare i confini della propria attività. Per favorire questo processo la Confcommercio della provincia di Perugia ha attivato una serie di servizi, tenendo conto di quelli che sono i più richiesti: la ricerca di partner commerciali esteri, seguita dall'assistenza specifica nella ricerca di finanziamenti comunitari nazionali e regionali, dalla promozione e marketing internazionale, dall'ottenimento autorizzazioni amministrative import/export e ricerche di mercato,
Ecco dunque la consulenza in materia di incentivi, a cui si affianca l'azione di formazione e il servizio di ricerca e offerta di cooperazione internazionale, in collaborazione con lo sportello EEN (Enterprise Europe Network) di Confcommercio nazionale.
Nel campo della internazionalizzazione una esperienza particolare in Umbria è quella dell'Università dei Sapori. Il centro di alta formazione dell'alimentazione, grazie alla collaborazione con altri enti, come l'Università per Stranieri e la Camera di commercio, è protagonista di azioni di promozione dei prodotti e delle tipicità umbre nei mercati esteri “ ultimo in ordine di tempo quello cinese - che partono dalla formazione di giovani studenti stranieri, che una volta tornati in patria, diventeranno gli utilizzatori e promotori di questi prodotti. Un approccio, insomma, che prima di esportare "oggetti" esporta cultura e professionalità tipicamente umbre e italiane alla conquista di mercati dalle ricchissime potenzialità.


L'INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE DONNE
di Simonetta Cavalieri e Adriana Velazquez - presidente nazionale e referente per l'Umbria di Sis (Social Innovation Society).

L'internazionalizzazione non è una questione ”di genere”. Ma nei prossimi anni l’attenzione al mix di genere sarà uno dei fattori critici nella realizzazione delle governance e della strategia aziendale. Studi internazionali ci dicono nel 2030 l’ 85% della classe media sarà concentrata nei Paesi Bric, Vietnam e Messico. Le donne di questi Paesi, come in Occidente, deterranno la maggioranza del potere di acquisto. Un dato rilevante, soprattutto per le imprese che hanno l'internazionalizzazione nei loro piani di crescita. A questo fattore, si dovranno affiancare altri tre indicatori per formulare strategie puntuali. Il primo: secondo Episteme, il 79,8% delle donne considera il denaro come fonte di protezione per sé e la propria famiglia. Il secondo: le donne sono il vero elemento di successo della nascita e sviluppo del microcredito, che registra una restituzione media del 98% del prestito e uno sviluppo sociale dei territori, attivato proprio attraverso i loro progetti. Il terzo fattore: la longevità influirà sul welfare. Quale dovrà essere la risposta delle imprese, considerando che le donne saranno la maggioranza dei mercati? L’opportunità è già nelle mani di ogni singola azienda, se avrà il coraggio di compiere una rivoluzione nell’analizzare il valore dell’ “acquisto femminile”, destinato a crescere sempre più. Le imprese dovranno diventare organizzazioni aperte, che parlino un linguaggio di genere per produrre un business bilingue e un nuovo principio di Valore Sostenibile ed innovativo per la società. SIS, Società di innovazione sociale, è impegnata nella costruzione di processi di business sostenibile ed innovativo per dare soluzione concreta alla crisi economica, attraverso incubatori creativi di progettualità, nei quali imprese, associazioni, istituzioni e cittadinanze attive possano esprimere le proprie capacità innovative.


UN PIANO DI TRE ANNI
di Alberto Mossone


I dati del commercio estero dell'Umbria del secondo semestre 2012 confermano l'andamento positivo dell'export ed un aumento del saldo attivo della bilancia commerciale regionale.
Ma l'apertura ai mercati esteri dell'Umbria rimane al disotto della media nazionale, così come le attività di internazionalizzazione delle imprese umbre. Sarebbe quindi necessario varare un piano strategico con un orizzonte temporale triennale, come hanno già fatto altre regioni come il Piemonte ed il Friuli Venezia Giulia, che definisca obiettivi, strategie e risorse necessarie, che dovrebbe essere realizzato e coordinato dal Centro per l'Internazionalizzazione delle Imprese Umbre con il coinvolgimento e della collaborazione dei soci (Regione Umbria e Camere di Commercio di Perugia e Terni) e delle Associazioni di categoria, mettendo a sistema tutte le strutture e le competenze che la regione può esprimere in questa attività fondamentale per lo sviluppo dell'economia regionale.
Oltre che svolgere azioni di promozione dell'export, occorrono anche attività di attrazione di capitali esteri nella nostra regione e di supporto alle imprese umbre che intendono investire sui mercati esteri, da sole o in joint-venture con partner locali, privilegiando i progetti promossi da filiere e reti di imprese.

 

L'EXPORT DALL'ARCIPELAGO UMBRIA
di Sauro Pellerucci – Presidente Pagine sì! spa

Può un piccolo territorio vocato in così diverse specializzazioni settoriali  puntare a conseguire i propri
obiettivi economici tramite l'internazionalizzazione dei mercati ? Questa lunga domanda vuole ripercorrere i numerosi nodi burocratici che sembrano dominare nell'organizzazione dell'export umbro “diviso“ in tante sigle dello stesso settore.
E’ evidente che un obiettivo comune si può conseguire soltanto unendo competenze, capacità, politiche territoriali, nonché analisi ed obiettivi.
La politica deve garantire percorsi accessibili ed organizzati dal massimo ente rappresentativo regionale, affinché si possa puntare  sulla ricchezza della diversità tra un territorio votato ad accogliere turismo, anche  straniero, ed un altro capace di produrre beni in gran parte destinati all'esportazione, con rilevanti presenze multinazionali.
Tali presenze, ed è qui che entra in gioco il settore produttivo, se adeguatamente coinvolte potrebbero rappresentare un formidabile volano per veicolare non soltanto i beni da esse stesse prodotte ma anche le specificità uniche del nostro territorio.
Il nostro export ha bisogno di un’Umbria in cui la totalità dei territori vengano uniti dalle proprie diversità, evitando ovviamente di far nascere ennesimi enti deputati a gestire alchimie volte a raggiungere soluzioni più di facciata che sostanziali. Occorre garantire allora la massima efficienza al Centro Estero dell’Umbria senza tentennamenti operativi né progettuali. L’Umbria ha necessità di allocare le proprie risorse in modo chiaro nell’esclusiva utilità degli utenti.


RIPENSIAMO MODELLO E PRODOTTO
di Giovanni Ruggiero

Analizziamo i dati già consolidati. Non c'è che da rallegrarsi del +13,6% colto dall'export umbro nel 2011. Anche se il trend rallenta rispetto al +18,8% dell'anno precedente. Semmai c'è da capire fino in fondo il ruolo dell'import, il cui trend è decresciuto sensibilmente (dal +44,2% del 2010 al +6,8% del 2011). Siamo poveri di materie prime e ricchi di imprese manifatturiere di trasformazione: sembra bizzarro constatare una ripresa economica senza che ciò comporti una crescita nel trend di acquisto delle materie prime. Se guardiamo meglio i numeri ci accorgiamo che in termini quantitativi, a valori costanti, l'export è retrocesso di poco meno del 10% e le quantità importate sono cresciute dell'1,58%. Dunque, non c'è crescita di competitività del sistema economico umbro. Semmai si raccolgono i benefici del cambio valutario. Tradotto, ci costano meno le importazioni e si riduce il volume dell'export, pur se a valori correnti (prezzo per quantità). Quindi, nonostante le apparenze, nessun passo avanti dell'economia umbra che diminuisce la sua internazionalizzazione, aumenta la dipendenza dall'esterno e non penetra sui mercati un tempo detti emergenti. Se si misurano, infatti, gli scambi dei prodotti manifatturieri (che rappresentano la quasi totalità dell'interscambio) si noterà che l'export umbro retrocede proprio verso l'area cosiddetta del BRIC (Brasile, Russia, India, Cina), con la sola eccezione del Brasile. Il perdurare della crisi economica farà da deterrente per una ripresa delle importazioni di materie prime, ma non per quella dei manufatti più comuni. La crisi allora è una grande occasione per ripensare il modello produttivo, ma anche il prodotto. Innovare e sperimentare diverrà un imperativo per tutti. Occorrerà far bene ciò che il mondo chiederà, senza perdere l'originalità e la qualità dell'essere Umbria.