Il digitale? E' un'impresa

A cura di Federico Fioravanti

Intervento di Antonello Fontanili

Direttore Union-trasporti

L’ingegner Antonello Fontanili è il Direttore di Uniontrasporti, società promossa da Unioncamere e dalle Camere di commercio, nata nel ‘99, per sostenere lo sviluppo del sistema dei trasporti, della logistica e delle infrastrutture. La sua associazione sul fronte digitale si è distinta per tutta una serie di iniziative.

ANTONELLO FONTANILI Direttore Uniontrasporti.

Uniontrasporti, come dice il nome, nasce come società delle Camere di commercio per sviluppare il tema dei trasporti, della logistica, delle infrastrutture. Però negli ultimi tre anni abbiamo ampliato il nostro ambito di azione e ci siamo occupati anche delle infrastrutture cosiddette “immateriali”, quelle “telematiche”. Proprio perché riteniamo che per le imprese il Digitale ecomunque la banda larga e ultra larga, sia una grandissima opportunità.

Vorrei partire da un dato molto importante, tratto dal settimo quaderno del Censis: lo spread digitale rischia di costare all’Italia circa 10 milioni di euro al giorno. Cosa significa? Semplicemente che se l’Italia riuscisse a compensare appunto questo divario rispetto allo sviluppo del commercio online, all’uso della moneta elettronica, alla razionalizzazione delle banche dati della Pubblica Amministrazione – su cui il sistema camerale secondo me è molto avanti grazie al Registro Imprese, che è uno strumento, una perla nell’ambito della PA – ci sarebbe la possibilità di risparmiare 3,6 miliardi di euro all’anno da coinvestire invece nello sviluppo di reti, di tecnologie e di servizi innovativi.

I dati sull’utilizzo di internet, ci dicono invece che le persone in Italia di età compresa tra i 16 e i 74 anni che utilizzano la Rete, rappresentano soltanto il 58% del totale. È sempre brutto paragonare l’Italia agli altri Paesi europei, però nel Regno Unito questa percentuale è del 90%. Come l’utilizzo del commercio elettronico, che è molto più elevato nel Regno Unito, in Germania e in Francia.

Il rappresentante dell’Agenda digitale della Regione Umbria appunto ha evidenziato i programmi della Regione. Naturalmente l’Italia deve rispondere con una propria Agenda digitale. Ma rispetto a un’Agenda digitale europea 2020, che ha posto degli obiettivi precisi al 2015 e degli obiettivi precisi al 2020, che riguardano una serie di cose: la copertura della banda larga di base, dell’ultra broadband (oltre i 30 megabit di cui si parlava prima), dell’uso di internet, dell’e-commerce e così via. E vediamo che l’Italia in particolare è in linea con gli obiettivi almeno del 2015 soltanto in tema di copertura della banda larga di base. Ma parliamo di 2 megabit, che per guardare la posta elettronica possono essere anche sufficienti ma ormai sono veramente carenti per una serie di servizi che hanno bisogno di molta più “banda”.

Questa è la situazione dell’Italia, dove per l’uso di internet, almeno una volta, siamo quasi in linea con la media europea ma siamo invece molto indietro sull’uso dell’e-commerce, sia come cittadini che come imprese. E siamo molto indietro anche a livello di e-government.

E per la banda larga e ultra larga?

Con i due megabit, a livello di copertura delle famiglie, senza parlare delle unità locali, ci posizioniamo a metà classifica, abbastanza in linea con tutti gli altri Paesi dell’Unione Europea, forse anche leggermente al di sopra dell’UE 27. Il crollo nella graduatoria è evidente quando parliamo di banda ultra larga e cioè oltre i 30 megabit. Scendiamo all’ultimo posto in graduatoria, quindi dietro anche a Paesi che crediamo siano meno sviluppati di noi, ma che in termini di sviluppo di rete e di banda ultra larga ci hanno già sopravanzato.

A livello italiano – parliamo invece di unità locali, quindi parliamo proprio di copertura delle imprese –l’Umbria si trova a metà classifica: ovvero l’89% delle unità locali presenti sul territorio è raggiunta da banda larga di base, quindi la copertura Adsl. Ci sono regioni più virtuose da questo punto di vista. Regioni come la Sardegna e la Puglia sono molto più avanti. La Sardegna, ad esempio, grazie all’attività di un imprenditore come Soru con Tiscali, ha sviluppato maggiormente queste tecnologie.

Però credo che l’Agenda digitale,. oltre a lavorare sulla conoscenza, sulla sensibilizzazione, anche a livello di cablatura dei territori potrà portare le prestazioni ad altri livelli.

L’evoluzione tecnologica dal 2000 ad oggi non si è certo fermata. Le tecnologie a disposizione per navigare su internet e per utilizzare gli strumenti ICT sono il classico rame, quindi il vecchio doppino telefonico, che comunque viene utilizzato ancora, anche perché comunque tutta la rete si basa sul rame. Naturalmente, utilizzando il mix rame e fibra, le prestazioni migliorano. E i disagi, anche nelle zone meno servite dalla Rete, si attenuano.

La FTTA è il top della tecnologia perché è la fibra che arriva proprio in casa o in azienda, rispetto magari alla tecnologia FTTC. Senza considerare l’ultimo miglio in rame. Ci sono, quindi tecnologie diverse che naturalmente vanno sempre vagliate. E vanno esaminati con cura anche i contratti che vengono proposti dai grandi operatori. Magari guardando quello che è scritto molto in piccolo nel contratto e che riguarda la velocità e quindi la banda minima garantita. Spesso, quello che la pubblicità di alcuni operatori vende come 20 megabit, in pratica si riduce a 6-7 megabit, perché dipende molto anche dalla distanza dall’armadio e da tutta una serie di ostacoli che si trovano dal punto di accesso.

Uniontrasporti in questi ultimi tre anni ha supportato le Camere di commercio e le Unioni regionali soprattutto sull’aspetto della sensibilizzazione perché ci siamo resi conto che c’è un discorso di digital divide in diversi territori e in particolare in molte aree produttive. I grandi operatori ( Telecom, Vodafone, Fastweb eccetera) è difficile che vadano nelle aree industriali, nelle aree produttive. Sono ben presenti nelle aree urbane perché sanno che lì c’è il loro business, perché naturalmente è più facile che magari una famiglia stipuli un contratto per andare su internet, guardare i film in streaming, e così via.

Quindi c’è un’alta concentrazione di domanda nelle aree urbane piuttosto che nelle aree produttive, dove ci sono magari cento imprese, per di più dislocate anche in maniera capillare, non in un unico condominio su cui magari si arriva con un unico cavo.

Quindi ci siamo resi conto di questo. Il sistema camerale ha gli stessi operatori sulle opportunità che in qualche modo possono avere andando anche dove ci sono le imprese, anche con un contributo di partenariato pubblico-privato, che coinvolga le Camere di Commercio e le stesse regioni.

Ma allo stesso modo ci siamo resi conto anche di un divario culturale: il tessuto produttivo italiano è fatto essenzialmente di micro, piccole e medie imprese. E non ha ancora  la completa consapevolezza di tutto ciò che si può fare con internet, con la banda ultra larga, con gli strumenti ICT che sono a disposizione. Strumenti che esistono, appunto, per interagire, per evitare magari anche riunioni, quindi costi di trasferta. Si può risparmiare attraverso la videoconferenza, attraverso una serie di strumenti che sono già esistenti.

Naturalmente uno si chiede: “Sì, va bene. Ma perché devo investire? Se ho già un contratto da 20 megabit, credo che sia più che sufficiente”. Questo accade perché non ci si rende conto invece cosa si potrebbe fare avendo una maggiore disponibilità di banda: streaming multiplo, il cloud computing e tutta una serie di cose che naturalmente hanno bisogno di una tecnologia adeguata.

Una ricerca del 2011 di McKinsey ha evidenziato, attraverso un’indagine condotta su 415 piccole e medie imprese italiane, che chi ha utilizzato l’e-commerce dal 2008 al 2010 ha visto crescere il suo fatturato del 5,9% rispetto a chi invece non lo ha fatto. Stessa cosa a livello di investimenti in tecnologie web: chi ha investito più del 2% del proprio fatturato lo ha visto crescere del 10. Invece chi ha investito meno del 2% addiritturaha visto scendere il suo fatturato globale. Queste cifre vogliono dire che “essere digitali” in questo momento storico è vitale per sviluppare maggiormente il proprio giro d’affari.

Cosa ha fatto Uniontrasporti su questo fronte negli ultimi anni?

Abbiamo creato un modello. E ci siamo resi conto che ci sono alcune esigenze specifiche delle imprese. Le Camere di commercio possono diventare un interlocutore sia rispetto alle regioni, a chi programma anche una infrastrutturazione dei territori e sia rispetto ai grandi operatori.

La stessa Unioncamere italiana ha stipulato nel 2013 un protocollo d’intesa con Telecom Italia e con Microsoft. Poi c’è, poi naturalmente strumento di Google.

Il sistema camerale sta veramente creando delle partnership importanti su questi temi.

In particolare, la nostra azione ha previsto in questi anni innanzitutto azioni di ricerca per capire com’è il territorio e censire le aree cosiddette digital divide. Le nostre analisi vanno dal livello regionale a quello provinciale fino all’area industriale. Naturalmente, in alcuni casi, in particolare in Emilia Romagna – ed ecco il rapporto che si può avere con la Regione – abbiamo fatto anche degli studi di fattibilità perché comunque c’era proprio una esigenza fortissima da parte di alcune grosse imprese da 400-500 addetti. Aziende che erano in difficoltà perché localizzate in un’area molto distante dal centro cittadino, che avevano i famosi collegamenti Adsl, Adsl 2 Plus, ma che non potevano lavorare ed erano costrette a svolgere alcune operazioni la notte, quando la rete era un po’ più alleggerita.

Di conseguenza, in accordo con Lepida, la società della Regione che si occupa della infrastrutturazione dei territori, soprattutto per la PA, siamo riusciti a portare comunque la fibra ottica in queste aree. Quelle imprese, nel giro di tre mesi, hanno riorganizzato completamente il loro lavoro perché comunque essere connessi al digitale vuol dire cambiare proprio l’approccio del proprio business.

Ci siamo occupati anche degli gstudi di fattibilità. Fattibilità degli interventi infrastrutturali, arrivando anche a un business plan, il ritorno atteso e così via. E poi la sensibilizzazione delle imprese, per superare un grave divario culturale. Negli ultimi due anni abbiamo organizzato circa una cinquantina di incontri con più di tremila imprenditori, parlando del business e delle possibilità di sviluppo che si aprono con l’utilizzo del cloud computing, del digital marketing piuttosto che dei social network, del web marketing, dell’e-commerce.

Ma è fondamentale comunque la figura dell’e-manager, della figura che guida l’innovazione in azienda.

La formazione è tutto. Grazie a un accordo di programma di Unioncamere con il Ministero dello sviluppo economico, abbiamo lanciato su alcuni territori delle Camere di commercio anche un percorso formativo per “Innovation Manager”. Chiarendo che questa figura non è solo chi sa usare bene il computer e navigare sulla Rete ma soprattutto chi porta l’innovazione in azienda, anche con elementi di creatività, per sviluppare una cultura orientata all’innovazione, per esempio anche cercando di capire come difendere un’idea innovativa a livello di copyright.

E infine, sempre nell’accordo di programma, quest’anno, proprio su spinta del Ministero dello sviluppo economico, Uniontrasporti ha supportato alcune Camere di commercio a creare dei bandi proprio per dare i contributi rispetto a una prima connessione, a un upgrade. Ma abbiamo già avvertito Unioncamere: questi contributi sono utili solo se vengono portati avanti parallelamente a un discorso di sensibilizzazione. Informazione e formazione. Di questo hanno bisogno le imprese per arrivare a una cultura dell’innovazione vitale per essere presenti sul mercato in questo momento storico.

La cultura digitale ha bisogno di una semina, di una presa di coscienza collettiva.

Assolutamente d’accordo. Proprio per questo abbiamo iniziato a organizzare con le Camere di Commercio delle giornate di sensibilizzazione aperte a tutte le imprese fin dal 2012. All’inizio abbiamo fatto fatica a riempire sale di questo livello, anche in grandi città. Ultimamente, invece, sia con la sensibilizzazione su tematiche quali cloud, digital marketing, social e così via, sia sul percorso formativo dell’Innovation Manager, iniziamo ad avere 100-120 imprenditori, di tutte le tipologie, quindi dai commercianti agli albergatori. Bene fa la Camera di Commercio a insistere su questi temi. L’ente camerale è lo strumento giusto per raggiungere le imprese e far capire l’importanza di corsi di sensibilizzazione a internet di cinque o dieci giornate che sono gratuiti e offerti alle imprese.

 

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