Bilancio di mandato 2009-2014

Focus / La struttura imprenditoriale

Gli anni di crisi hanno messo a dura prova il nostro sistema economico e sociale. Il quadro economico provinciale che si delinea oggi, alla scadenza del mandato quinquennale, purtroppo testimonia che il tessuto imprenditoriale complessivamente ha avuto risultati poco incoraggianti,  nonostante le imprese perugine mostrino una vitalità maggiore di quelle nazionali,  con un tasso di sopravvivenza superiore alla media Italia: il 2013 si è chiuso con uno stock d’imprese (73.451) inferiore a quello dell’anno precedente e si è anche verificata un’accelerazione del tasso di mortalità.

Risultati deludenti anche nel I trimestre 2014, con uno stock complessivo di imprese che al 31 marzo 2014 ha toccato il punto più basso dell’ultimo quinquennio.  In provincia la ripresa appare ancora tutt’altro che vicina e ci scopriamo un provincia “povera”, dove il tenore di vita si attesta al di sotto della media nazionale. Il valore aggiunto a prezzi correnti pro-capite del perugino risulta infatti pari a 21.462 euro, inferiore ai 23.333 euro nazionali e, soprattutto, ai 25.830 euro del Centro Italia. Basti pensa che nell’ultimo anno Perugia ha registrato una variazione del prodotto interno lordo pro-capite, in termini correnti, pari a -1%.

Di seguito ripercorriamo l’evoluzione registrata, anno per anno, nei principali indicatori  economici e sociali per la nostra provincia, nel quinquennio di riferimento.

Il 2009 è stato un anno difficile per il Paese. Nel corso dell’anno il Pil, che misura la capacità di un territorio di creare ricchezza, ha registrato in Italia una pesante contrazione (pari a –5 punti percentuali in termini reali), testimoniando di fatto una fase di recessione dell’economia nazionale e mondiale. La flessione dei livelli produttivi, però, si era manifestata già a partire dal 2008, quando gli effetti della crisi creditizia e finanziaria hanno iniziato a ripercuotersi sull’economia reale.

Anche la nostra provincia ha risentito della congiuntura economica negativa, evidenziando una contrazione del Pil pari al -6,4%. Il contributo dei settori alla crescita complessiva del nostro territorio appare, poi, molto eterogeneo. Si registra, infatti, al pari di quanto registrato a livello nazionale, un processo di terziarizzazione dell’economia, con i servizi che segnano il progresso più ampio (+18,7% la crescita del valore aggiunto del settore tra il 2003 ed il 2008), rispetto all’industria, alle costruzioni e all’agricoltura. Nel terziario, infatti, oltre ai servizi alle imprese e alle famiglie, un ruolo di rilievo è esercitato dal sistema turistico (oltre 1,8 milioni di arrivi e 5,2 milioni di presenze nel 2008), che mostra importanti possibilità di sviluppo, grazie alla presenza di un’offerta ampia e diversificata: al tradizionale e consolidato richiamo religioso, storico e artistico, si è affiancato, infatti, quello culturale, congressuale, ambientale e agrituristico. Rispetto alla media nazionale si rileva, inoltre, un’elevata incidenza del settore pubblico che contribuisce per il 16,9% (a fronte del 15,5% nazionale) alla formazione del valore aggiunto, evidenziando una elevata compartecipazione degli Enti locali alla crescita del territorio.

Nel 2010 l’economia mondiale ha ripreso a crescere in modo sostenuto (+5,0%) sulla spinta del ritorno degli scambi commerciali su livelli pre-crisi (+12,4%), stimolati dalla marcata espansione delle economie asiatiche emergenti, i cui ritmi di sviluppo si sono aggirati attorno a livelli a due cifre. Le economie avanzate, invece, hanno registrato nel 2010 una crescita al di sotto del 3%, evidenziando diversità di andamento tra i vari Paesi: Germania, Stati Uniti e Giappone hanno raggiunto tassi di crescita compresi tra il 3% ed il 4%, mentre Spagna, Italia e Francia non hanno superato l’1,5%.

L’Italia nel 2010 ha visto la propria economia tornare a crescere sopra l’1% (del +1,3% per l’esattezza), recuperando tuttavia solo una parte della perdita subita nel 2009 (-5%). Una crescita sospinta soprattutto dalla ripresa del commercio internazionale, ma anche da una migliore performance produttiva dell’industria in senso stretto, la quale, nel 2010, è riuscita a segnare un aumento del valore aggiunto di quasi il 5%, recuperando circa un terzo della perdita subita nel 2009 (-15,6%).

Gli indicatori di performance relativi al 2010, delineano, per la provincia di Perugia, una inversione di tendenza rispetto alle criticità emerse durante il biennio 2008-2009. Tali dinamiche sembrano interessare, contestualmente, il tessuto imprenditoriale, i flussi di import/export, il manifatturiero e il PIL. Nel 2010 la provincia ha registrato una crescita del prodotto interno lordo pro-capite, in termini correnti, pari a +2,8%, a livello nazionale la variazione del 2010 si è fermata a +1,8% e a +1,9% quella delle regioni del Centro. Permangono, tuttavia, alcune zone d’ombra: non sembrano ancora del tutto superate le difficoltà generate dalla crisi per quanto riguarda l’artigianato, le piccole imprese e il mercato del lavoro.

Nel 2011 il quadro economico mondiale è caratterizzato, da un lato, da una profonda crisi economica e dalla recessione in Europa, con rischio default per Paesi significativi e speculazioni sui mercati finanziari internazionali; dall’altro, da economie in forte crescita che si avvantaggiano di costi del lavoro più bassi e tutele sociali inferiori.

Anche per il sistema produttivo provinciale il 2011 è stato un anno difficile, con settori produttivi in difficoltà, un aumento delle persone in cerca di occupazione, un ricorso ad ammortizzatori sociali sempre molto elevato  e un numero crescente di imprese che hanno iniziato la procedura di liquidazione o sono entrate in procedura concorsuale. Il numero di famiglie cadute sotto la soglia di povertà è quasi raddoppiata rispetto al 2010 (dalle 12.132 famiglie del 2010 alle 22.132 del 2011 (+82,4%). Eppure il patrimonio a prezzi correnti delle famiglie ha subito una flessione complessiva tra il 2010 e il 2011 solo dello 0,03% contro una flessione nazionale dello 0,7% e del Centro dello 0,6%. Analogamente, tra il 2009 e il 2011, il valore aggiunto pro capite è aumentato del 3,2%, addirittura più del livello nazionale (+2,5%) e del Centro (+1,8%) e anche nei consumi finali interni si osserva un aumento, anche se inferiore alla media nazionale e del Centro (+0,8% tra il 2009 e il 2010 e +2,0% tra il 2010 e il 2011).

Il 2012 è caratterizzato dalla recessione che ha colpito le economie della periferia europea. Intensità e caratteristiche della crisi presentano elementi di divergenza fra i diversi paesi periferici, ma con alcuni tratti comuni, costituiti dalla forte contrazione della domanda interna, da un crescente deterioramento delle condizioni dei mercati del lavoro nazionali, e da un andamento progressivamente più favorevole dei conti con l’estero. Particolarmente profonda si è rivelata la crisi dell’edilizia, comparto tradizionalmente molto sensibile al mutamento delle condizioni creditizie. Il peggioramento del quadro macroeconomico ha anche avuto conseguenze pesanti sulle condizioni dei mercati del lavoro delle economie in crisi. La recessione sta avendo quindi conseguenze economiche che incidono anche sulle condizioni sociali e politiche dei diversi paesi, rendendo anche più complesso il coordinamento delle politiche economiche all’interno dell’area euro. Il traino delle esportazioni è di fatto il principale, se non unico, elemento di sostegno alla crescita della domanda dei paesi della periferia. L’effetto della crisi della periferia europea sul resto dell’economia mondiale non è stato limitato al solo canale degli scambi commerciali. Soprattutto nel corso della prima parte del 2012 le condizioni di incertezza hanno pesato anche sugli andamenti dei mercati finanziari.  E la crescita è rimasta debole anche perché in diversi paesi è in corso una fase di rientro del debito delle famiglie, sollecitata dalla minore disponibilità delle banche a finanziare le famiglie indebitate. In effetti, la maggior parte degli indicatori congiunturali mostra che il ciclo economico a livello mondiale ha toccato il punto di minimo nel corso dell’autunno del 2012, registrando un recupero nei mesi invernali che però non ha avuto seguito in base ai primi dati sulle tendenze nei mesi primaverili. In altri termini, la ripresa globale è avviata, ma con poco slancio, e molte esitazioni.

La crisi economica, che ha colpito duramente l’Italia negli ultimi anni, non ha risparmiato la nostra provincia che presenta, nel 2012 un quadro a tinte fosche, specie sul fronte dell’occupazione e dei redditi delle famiglie.

Nel complesso, i dati sull’aumento delle famiglie in stato di povertà e la frenata dei consumi, associati con redditi medi e patrimoni in leggera crescita suggerisce che la crisi potrebbe aver contribuito ad aumentare le disuguaglianze interne alla provincia. Infatti, lo spostamento di redditi dalle fasce più povere e quelle più ricche della popolazione di solito si riflettono in minori consumi (poiché la quota di reddito consumato diminuisce all’aumentare del reddito) e in maggiore ricchezza accumulata.

Dall’analisi delle variazioni del valore aggiunto pro capite a prezzi correnti si osserva la forte flessione in corrispondenza del 2009 che vede la provincia di Perugia ridurre il proprio valore aggiunto in misura consistente (-6,8%) e più accentuata rispetto agli altri territori di riferimento Centro -2,4% Italia -3,9%. Nel biennio 2011-2012 c’è una risalita del valore aggiunto, più repentino nel primo anno per Perugia e l’Italia che passano entrambi in campo positivo, più graduale nel biennio nel caso del Centro. Nel 2012 si evidenzia una nuova flessione ed anche in questo caso il calo che si registra nella provincia di Perugia (-1,7%) è più consistente di quello evidenziato dal Centro (-1,2%) e dalla media nazionale (-1,1%). Nel 2013 infine vi è di nuovo una ripresa del valore aggiunto ma la sua entità non gli permette di varcare il campo positivo e la provincia di Perugia fa registrare un -1% in linea con il dato nazionale.

Le imprese

E’ evidente che un ruolo di primo piano nel processo di crescita economica è svolto dal sistema delle imprese. Ma il quinquennio 2009 - 2013 è stato difficile anche per il tessuto imprenditoriale italiano, che aveva avviato una complessa fase di riorganizzazione, necessaria per rispondere alle sfide imposte dalla globalizzazione, e che si è trovato in grande difficoltà dovendosi confrontare con la crescente concorrenza dei paesi asiatici, in un contesto internazionale caratterizzato da un brusco calo della domanda mondiale.

Le nostre aziende, però, hanno affrontato queste sfide e, pur in un quadro complessivamente negativo (come confermato dai principali indicatori relativi al fatturato, alle esportazioni, ai consumi pubblici e privati, ai livelli occupazionali, etc.), nel 2009 hanno tenuto, contenendo “le perdite”, visto che il bilancio tra imprese aperte nel 2009 (4.218) e quelle che nello stesso periodo hanno cessato l’attività (4.197), si chiudeva con un piccolo saldo attivo.

Le imprese registrate nella provincia di Perugia, nel 2009 si attestano a 73.303 unità, la variazione percentuale rispetto al 2008 (+0,1%) segna un peggioramento, rispetto al dato precedente (+0,4%) ma il segno positivo è comunque significativo, data la difficile situazione economica.

Imprese registrate ed imprese attive nella provincia di Perugia (2009-2013)

L’onda della crisi, mette in evidenza il divario tra imprese più grandi, le società di capitali, e le ditte individuali, piccole e meno strutturate, ma soprattutto mostra le maggiori difficoltà delle ditte individuali che per la provincia costituiscono il maggior numero di imprese registrate (il 55,5%). A pagare il prezzo più alto della difficile situazione economica sono infatti le ditte individuali, che registrano il –1,2%, a seguire le società di persone (+0,1%), le altre forme (+0,5%), e al di sopra di tutte le società di capitale, con il +4,2%. che nel 2009 hanno oltrepassato le 12.700 unità e rappresentano il 16,7% delle imprese registrate.

Nel 2010 ci sono state 4.457 nuove aperture e 3.741 chiusure di imprese, con un saldo positivo di 716 unità e un tasso di crescita dell’1,1%. Da sottolineare che il buon risultato conseguito deriva da un aumento delle nuove imprese, ma anche e soprattutto dalla forte contrazione delle cessazioni scese in un anno del 10,8%. Persiste invece la difficoltà delle attività dell’Artigianato che nel 2010 vedono cessare più imprese di quante ne siano state create: il saldo è negativo di 157 unità con un tasso di crescita dello – 0,83%.

Un anno a due velocità il 2011: nel primo semestre crescita, seppur a ritmi lenti; poi rallentamento, con frenata nell’ultimo trimestre. In Provincia di Perugia al 31 dicembre del 2011 risultavano registrate alla Camera di Commercio 74.160 imprese, con una variazione positiva di appena lo 0,2% rispetto all’anno precedente. Ma il dato più preoccupante è quello delle Cessazioni: nel 2011 in provincia hanno chiuso 4188 imprese, l’11,9% in più del 2010, il peggiore risultato degli ultimi anni. Nonostante ciò anche nel 2011 sono nate più aziende (4298) di quante non ne siano cessate (4188), con un  saldo positivo di 110 unità.

Nel 2012 il numero complessivo delle imprese registrate nella provincia di Perugia è pari a circa 74.100 unità, e rimane praticamente uguale a quello del 2011. Solo il 67,3% delle imprese iscritte nel 2009 è risultata ancora attiva nel 2012.

Nel 2013 il numero complessivo delle imprese registrate al 31 dicembre è pari a 73.451 unità, in contrazione dello 0,9% rispetto al 2012; le attive sono quasi 63.000 e diminuiscono dell’1,4%.

Nati-mortalità delle imprese registrate nella provincia di Perugia (2009-2013)

Nel 2013, il sistema produttivo della provincia ha una presenza di società di capitali pari al 19,8% del totale delle imprese registrate, analogo a quello regionale (20%); la diffusione delle società di capitali è però nettamente inferiore rispetto a quella osservata nell’insieme delle regioni del Centro (quasi al 30%) e anche in Italia (23,8%).

Il peso delle società di capitali è comunque in crescita:  nel 2009 erano il 16,7%. Nell’ultimo anno, il numero delle società di capitali è aumentato del 2,4%, mentre le società di persone sono diminuite quasi della stessa percentuale e quelle individuali dell’1,6%. In leggera contrazione anche il numero dei consorzi (-1,4%) e delle cooperative (-0,3%).

Le imprese individuali sono la forma giuridica largamente maggioritaria nella provincia di Perugia (53,8% del totale), anche se in calo in tutto il quinquennio. Il peso delle imprese individuali nel tessuto produttivo perugino è peraltro inferiore a quello osservato a livello regionale e nazionale.

Le imprese perugine sono distribuite nei principali comparti in modo piuttosto omogeneo: in termini di peso percentuale il primo è il Commercio che assorbe oltre il 24% del totale delle imprese; il secondo è l’Agricoltura, che arriva a quasi il 20%; seguono le Costruzioni, con poco più del 15%, il Manifatturiero e i Servizi alle imprese, ciascuno con circa l’11,5%.

Settore di appartenenza delle società attive nella provincia di Perugia (2009-2013)

Nel 2013, rispetto alla situazione osservata nelle regioni del Centro e dell’Italia nel suo insieme, la provincia di Perugia mostra una concentrazione proporzionalmente maggiore di imprese in Agricoltura (20% circa rispetto a 11% nel Centro e meno del 14% in Italia); risulta invece, minore il peso dei Servizi alle imprese (11,4% rispetto a 15,3% nel Centro e 13,7% in Italia), e del Commercio (poco più del 24% rispetto a poco più del 27% sia nel Centro che in Italia).