PRIMO PIANO

31 marzo 2011

Economia verde, una scelta di fondo per la pianificazione regionale

di Carlo Cipiciani

L’economia verde o green economy è un tema di grande attualità. Se ne parla molto, soprattutto dopo che – con la crisi finanziaria del 2008 e la successiva drammatica discesa dei livelli di produzione, commercio mondiale e occupazione – si è avvertita ancor più la necessità di ripensare lo sviluppo economico, la produzione, i modelli di vita e di consumo: a livello globale, nazionale ma anche locale. Un ripensamento che passa per la crescente e sempre meno sostenibile pressione delle attività umane sull’ambiente, nella consapevolezza che un vero progresso non può esistere senza tener conto della “qualità” dello sviluppo, del valore del lavoro e della tutela dell’ambiente. La green economy – che i più avvertiti chiamano “economia della conoscenza” – si caratterizza per la sua trasversalità: comprende una pluralità di settori e coinvolge un buon numero di imprese: dall’innovazione tecnologica al risparmio energetico, alle fonti rinnovabili, dal settore dell’edilizia a quello dei trasporti, dagli elettrodomestici al turismo, all’agricoltura di qualità, dall’hightech al riciclo dei rifiuti al ciclo dell’acqua, dalla diffusione di prodotti e di processi produttivi innovativi ed efficienti alla creazione di nuova occupazione qualificata. Puntare sull’economia verde è quindi una scelta di fondo che va a caratterizzare un po’ tutte le diverse programmazioni settoriali e le relative modalità e strumentazioni attuative. Una scelta che caratterizza la nuova programmazione regionale definita nel Programma di legislatura presentato dalla Presidente della Regione al Consiglio regionale il 9 giugno 2010 e che trova una prima attuazione nel Documento annuale di Programmazione (Dap 2011-2013) che lo stesso Consiglio regionale ha approvato il 22 febbraio scorso. Questi documenti disegnano per la nostra regione un “nuovo” modello di sviluppo che vede nell’economia della conoscenza e nell’economia verde l’asse strategico di riferimento per ridefinire la visione dell’Umbria, il “Cuore verde d’Italia”. Una strategia che punta sull’innovazione, sulla ricerca, sulla conoscenza, sulla qualità, sul legame con la storia e il territorio e sul capitale umano. Una scelta che s’innesta nell’adozione del Consiglio Europeo di giugno 2010 della strategia “Europa 2020”, la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, che dovrà guidare l’Europa, i suoi Stati e le sue regioni verso l’uscita dalla crisi. Una strategia verso cui andranno dunque riorientati i programmi cofinanziati dall’Unione europea e le politiche comunitarie, incluse la politica agricola comune e la politica di coesione. La necessità di un cambio di passo, evidenziata dagli strumenti di programmazione strategica della Regione Umbria, va declinata su vari fronti, per costruire un Umbria con più laboratori, più tecnologie, più sperimentazioni avanzate, più capacità di produrre merci e servizi ad alto contenuto di scienza. Un sistema che generi posti di lavoro più qualificati, a più alto contenuto di capitale umano e, conseguentemente, in grado di distribuire redditi unitari più elevati. Nella nostra regione si trovano già imprese innovative in diversi settori e anche l’offerta regionale di ricerca e di competenze specifiche evidenzia alcune eccellenze. L’integrazione virtuosa tra il circuito delle competenze esistenti, lo sviluppo della ricerca e dell’innovazione, e l’applicazione industriale può determinare quindi interessanti prospettive di sviluppo, laddove l’intervento pubblico si orienti a compensare, con un approccio attivo di politica industriale, le debolezze che pure ci sono: ad esempio, per una più proficua interazione e collaborazione tra mondo della ricerca e mondo dell’impresa. Un percorso che va ad incrociare anche la propensione alla qualità, tipica di molte produzioni della nostra regione, e la riconversione in chiave ecosostenibile di comparti tradizionali legati al manifatturiero. Un punto centrale di questa strategia riguarda ovviamente l’energia, con le grandi potenzialità che derivano dalla diffusione di nuovi approcci e tecniche in materia di risparmio energetico e di micro generazione distribuita di energia da fonte rinnovabile. Il Dap appena approvato dal Consiglio regionale prevede per il 2011 l’elaborazione del documento per la nuova Strategia regionale per l’energia, che si baserà su questo approccio innovativo, in coerenza con gli orientamenti comunitari, a partire dal programma Europa 20-20-20. Un ruolo centrale e prioritario spetterà all’energia da fonti rinnovabili, il cui incremento potrà essere conseguito incentivando la produzione e l’applicazione di tecnologie innovative relative a tutte le diverse tipologie (fotovoltaico, biogas, biomasse, idroelettrico, eolico), ma anche assicurando la necessaria semplificazione amministrativa. Con il recepimento delle linee guida nazionali per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione di energie rinnovabili, verranno definiti modalità e criteri per assicurare uno sviluppo ordinato degli investimenti e, quindi, coniugare le esigenze di crescita con il rispetto dell’ambiente e del paesaggio. Importanti, a tale proposito, sono le risorse del Por Fesr 2007/2013 dedicate proprio al tema delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, che riguarderanno – oltre agli incentivi alle imprese già in corso per promuovere investimenti di miglioramento dell’efficienza energetica delle attività produttive – l’attivazione di bandi per investimenti delle imprese per la produzione di energia da fonti rinnovabili complementari alle varie forme di sostegno previste dalla normativa nazionale del settore (conto energia, certificati verdi, ecc.). Viene prevista dal Dap 2011 anche un’azione rivolta agli Enti locali per stimolare l’adozione di sistemi ad alta efficienza energetica, anche combinati tra loro, prevedendo tra l’altro sistemi integrati per l’illuminazione stradale che coniughino risparmio energetico, sicurezza stradale e riduzione dell’inquinamento luminoso. Inoltre, viene previsto il cofinanziamento di interventi pilota – anche a carattere sperimentale – per le comunità a zero emissioni”, nonché per l’attuazione presso un grande consumatore pubblico di energia (ad esempio, un ospedale) di interventi di efficientamento energetico integrati con la produzione di energia elettrica e termica da fonte rinnovabili. Infine, si prevede l’attuazione di programmi di ricerca e sviluppo nell’ambito di un apposito polo tecnologico in cui operino centri di ricerca pubblici e privati e le imprese più impegnate nei settori delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica. Ma la green economy non è solo energia. È anche – come detto in precedenza – la necessità di un nuovo modello produttivo; per questo, in coerenza con il programma di legislatura e con le politiche europee, altro obiettivo prioritario della programmazione regionale è quello di migliorare la sostenibilità ambientale delle produzioni. Un obiettivo che passa per l’incremento dell’utilizzo di tecnologie finalizzate alla riduzione degli impatti delle imprese, dell’uso di energia da fonti rinnovabili, nonché favorendo l’adozione di tecnologie produttive a basso impatto ambientale, grazie alle risorse per l’incentivazione degli investimenti aziendali per l’eco-innovazione. Un particolare rilievo a tal proposito va dato allo sviluppo di prodotti da materie prime rinnovabili e sostenibili (chimica bio-based), un campo in cui in Umbria sono già presenti esperienze significative; esso può contribuire alla sostenibilità dello sviluppo sia per la minor energia assorbita nella produzione, sia per la più vasta possibilità di smaltimento con procedure a minor impatto ambientale. E che rappresenta un paradigma per affrontare – in una logica non “difensiva” ma di moderna politica industriale – la sperimentazione di modalità innovative per il rilancio e la riconversione industriale del polo chimico di Terni. Sono infatti presenti risorse, tecnologiche e industriali, per avviare un programma di reindustrializzazione e sviluppo del polo che possa rappresentare un fattore di innovazione sui temi della sostenibilità e compatibilità ambientale della chimica moderna. Infine, sempre nel corso del 2011, la programmazione regionale prevede la promozione e il sostegno, attraverso incentivi mirati, alla nascita di imprese (start-up, spin-off universitari e industriali) nei settori della green economy. Ma abbiamo detto che green economy è anche “economia della conoscenza”, dove diventano quindi centrali la ricerca e l’innovazione. Una questione importante, in una regione come l’Umbria caratterizzata dalla dipendenza molto forte della spesa privata per R&S dai contributi pubblici e da un corrispondente basso livello del moltiplicatore tra questi ultimi e l’impegno finanziario privato. Questa debole attitudine “autonoma” delle imprese umbre verso tali attività richiede quindi interventi incisivi anche sul versante dell’offerta di ricerca; un intervento che, in coerenza con il principio di sussidiarietà tra pubblico e privato, spinga ad aggregare e a realizzare quelle condizioni di “massa critica” indispensabili per ottenere risultati apprezzabili. Il tutto accompagnato da un’intensa animazione economica e culturale a favore della diffusione e della conoscenza delle soluzioni innovative e di come queste possano adattarsi alle specifiche esigenze delle imprese regionali. Il Dap 201_1-2013 prevede in particolare che nel corso del 2011 sarà avviata una verifica dei risultati delle esperienze passate e verrà data attuazione ai progetti per la realizzazione dei quattro poli di innovazione. In particolare, il Polo per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica e quello per i Materiali Speciali e micro-nanotecnologie costituiscono centri di elaborazione e di iniziativa anche sul tema della green economy e dell’energia, mentre quelli relativi alle Scienze della vita e alla Meccanica avanzata e meccatronica rappresentano piattaforme r e g i o n a l i strategiche per l’individuazione e lo sviluppo di filoni di innovazione e ricerca. L’obiettivo della programmazione regionale è dare vita ad organismi permanenti, costituiti da raggruppamenti di imprese indipendenti, start-up innovatrici, piccole, medie e grandi imprese, nonché organismi di ricerca attivi in un particolare settore, destinati a stimolare l’attività innovativa incoraggiando l’interazione intensiva, l’uso in comune di installazioni e lo scambio di conoscenze ed esperienze, nonché contribuire in maniera effettiva al trasferimento di tecnologie alla messa in rete e alla diffusione delle informazioni tra le imprese che costituiscono il Polo. Anche nel settore agricolo occorre aprire una stagione di più stretto raccordo con la ricerca che può offrire importanti contributi in termini di processi, tecniche e tecnologie produttive, anche in ambiti con grandi potenziali di crescita come l’agroenergia. Il Dap 2011-2013 prevede la prosecuzione dei progetti per la realizzazione, prototipale e pre-competitiva, di prodotti innovativi e/o di innovazione di processo per i diversi settori agricoli. È una delle carte più importanti che l’Umbria gioca nella sfida con la crisi: l’intreccio tra i programmi di innovazione delle piccole e medie imprese e la rete pubblica dei centri di ricerca ed il Parco tecnologico agroalimentare come soggetto deputato al trasferimento dell’innovazione. Utilizzando le diverse possibili misure del Piano di sviluppo Rurale, anche in sinergia con le linee di intervento del Por FESR e del Por FSE, si intende inoltre dare avvio ai progetti integrati di filiera per la qualificazione energetica delle piccole e medie imprese, con l’obiettivo di promuovere investimenti per il risparmio energetico e per la produzione di energia da materie prime rinnovabili (come sottoprodotti agricoli, prodotti agricoli dedicati, reflui zootecnici) con la utilizzazione delle diverse possibili misure del PSR. Inoltre, sempre attraverso il PSR, verrà rafforzato il sostegno all’agricoltura biologica per la valenza ambientale che questa riveste. Insomma – sempre ricordando che non si tratta di soluzioni “miracolistiche”, che il cammino è duro e che l’Umbria in ogni caso non può intraprendere un virtuoso percorso da sola, in un Paese alle prese con tanti problemi strutturali – la programmazione regionale prevede, a partire dal 2011 appena iniziato, molta carne al fuoco. Compito dell’intera società regionale, di tutti noi a partire ovviamente dalle istituzioni, è quella di non mancare l’appuntamento e far sì che questa carne divenga davvero un cibo abbondante ed appetitoso per un nuovo sentiero di sviluppo per l’Umbria.