LO SCAFFALE
A cura di Antonio Carlo Ponti
31 dicembre 2012
Dai campi di granturco ai gelsomini. Azione scenica in due atti
Perugia, Fabrizio Fabbri editore, 2012, pp. 70, euro 8.
L’Autrice, elegante, forbita e coltissima poetessa nel dialetto perugino, ma tutt’altro che incline alla versificazione corriva e umoristica, al contrario ostinata nella ricerca delle potenzialità mimetiche e timbriche della lingua vernacola (precisamente dell’area di San Martino in Campo dalla quale proviene per nascita), legate alla società che questa lingua parlava o parla sia pure ai margini, questa volta, dopo tre raccolte di poesie, affronta il teatro, mescolando dialetto e italiano, secondo le particolari esigenze di narrazione teatrale. Il plot, tra storia e immaginazione, è la ‘riesumazione’ di un personaggio politico realmente esistito e dimenticato nelle pieghe dell’oblio, Nazzareno Squarta (1876-1956), mezzadro che durante il successo elettorale dei socialisti del 1920, subito dopo la vittoria del 1918, fu chiamato quale assessore supplente dal sindaco di Perugia Ettore Franceschini nella breve e mai accettata giunta di sinistra, uno schiaffo per l’establishment cittadino dell’epoca. Infatti sul foglio satirico “C’Impanzi?” Nazzareno Squarta divenne Menchino Sbrana, un rozzo contadino che scriveva sul giornaletto lettere nelle quali soprattutto si tentava dimostrare l’inadeguatezza dei popolani alla guida della cosa pubblica. Una triste macchietta, crudelmente inventata. Utile dire che costui fu costretto a emigrare in Francia a Grasse, la patria dei profumieri, da qui i gelsomini del titolo. Il testo teatrale immagina un ritorno di Nazzareno che si materializza in un’azione scenica di teatro nel teatro, secondo le invenzioni pirandelliane. Interessante la presenza e la figura di una delle figlie che rimase in Italia, coscienza critica e rimorso del genitore. La pièce è incalzante e ricca di ‘colpi di teatro’ e di ‘macchine’ sceniche, e si fa leggere con gusto, quindi si attende di poter assistere alla messa in scena su un palcoscenico, non tanto come prova del nove, quanto per l’interesse che suscita il bel lavoro, anche perché i buoni autori di teatro umbri non abbondano.
Autore del libro Ombretta Ciurnelli