MARKETING

31 dicembre 2012

Attrazione di investimenti e marketing

di Mauro Loy

 È ancora viva in me la V edizione di Big&Small ( www.bigandsmall.it ) dove ho lanciato alcune proposte su come  far ripartire il sistema Italia. Ho parlato di rilancio del manifatturiero e dell’importanza dei brevetti, trovando piena  corrispondenza nelle strategie a sostegno delle PMI riferite, nella stessa sede, dal Vicepresidente della Commissione Europea, On. Tajani, conclamando così l’importanza  di puntare sulla ricerca finalizzata e la creazione di centri  di alta specializzazione in grado di “fare sistema” tra le  diverse realtà d’eccellenza. Grande attenzione anche per  il patrimonio artistico “bunkerizzato” negli archivi, che  oggi necessita di essere valorizzato verso una  moderna fruibilità, perché ambasciatore del  made in italy e volano dell’incoming. Stesso  interesse anche per i problemi relativi all’agricoltura – dalla cementificazione dei terreni  agricoli al mancato ricambio generazionale,  dall’Italia come Paese trasformatore, al mercato dei prodotti di qualità certificata – che  oggi più che mai si presenta come una grande  opportunità di crescita economica e di occupazione. Riflessioni queste che, se valide a livello nazionale, calibrate sul contesto umbro  si dimostrano ancora più pertinenti, perché il cuore verde d’Italia è un concentrato di arte, agricoltura, turismo e  manifattura artigianale.  L’Italia si trova ad affrontare un’importante trilemma:  mercato interno stagnante e necessità di internazionalizzazione, urgenza di misure a sostegno dell’imprenditoria,  bisogno di favorire l’ingresso di investimenti diretti esteri.  Il  cahier de doleance che rema contro la capacità del Paese di creare opportunità favorevoli al “fare impresa” e di  attrarre investimenti diretti esteri è ormai cosa nota; un  dato su tutti è il 73esimo posto – su 185 Paesi considerati  – occupato dall’Italia nella classifica stilata dalla Banca  Mondiale sulla capacità di fare business.  Il bel Paese sembra essere bloccato da innumerevoli vincoli che frenano la capacità di generare risorse ed opportunità per i territori, di cui il più insidioso si rivela essere proprio il sistema amministrativo: lento, farraginoso e  fonte di oneri burocratici non giustificati per le imprese. Lo scenario che oggi le economie dei territori si trovano  ad affrontare è sempre più complesso: surplus legislativo e arbitraggio delle amministrazioni locali, assenza di  una progettualità di sviluppo condivisa a livello centrale,  difficoltà nell’assorbimento dei fondi strutturali, rapporto  squilibrato tra istituzioni, imprese e cittadini. Tutto questo  si traduce in territori che con difficoltà riescono a creare le condizioni necessarie al “fare impresa”. Un quadro  aggravato anche dall’interruzione del circuito virtuoso tra  banche ed imprese, utile a favorire e sostenere gli investimenti.  E se da un lato McDonald con una campagna pubblicitaria presenta il proprio piano d’investimento che porterà  alla creazione di 3.000 posti di lavoro fino al 2015, mentre IKEA dopo anni di passione e di inerzia burocratica in  Toscana è riuscita a sbloccare 65 milioni di investimenti grazie all’intervento diretto delle istituzioni regionali,  dall’altra parte il Cerved dichiara che nei primi 9 mesi del  2012 sono state chiuse 55 mila imprese, mentre le delocalizzazione di importanti brand del Made in Italy – è ormai una realtà consolidata. Le imprese nostrane quindi, stremate dalle crescenti difficoltà di mercato, alzano bandiera bianca. In questa forte  sperequazione commerciale tuttavia, si scorgono segnali importanti di un’imprenditoria vivace e determinata a  superare la crisi. È quell’imprenditoria che tesse insieme  artigianalità, qualità e tradizione per conquistare i consumatori del mondo con il fascino del made in italy. Un’imprenditoria che intende il legame con il territorio come  un asset strategico del “ business value” , da rispettare e  valorizzare. Tra le tante realtà di fervore umbro spiccano  le storie di “Brunello Cucinelli”, che approda in borsa con  richieste 18 volte l’offerta, della famiglia Caprai che tra  enologia e moda dimostra una forte capacità di innovazione, di PAC 2000a Conad che nel settore della distribuzione alimentare è diventata tra un’importante realtà del  centro-sud Italia intercettando con lungimiranza i cambiamenti strutturali del mercato.  In o Out? Big o Small? La recente crisi economica è una  vera e propria rivoluzione copernicana che ha messo un  punto allo sviluppo sregolato e sollecita nuove strade da  percorrere. Situazione che impone la ricerca di “un’etica  ricalibrata” e di una forte sinergie tra politica, istituzioni,  imprese e cittadini. La politica è chiamata a delineare l’indirizzo da seguire identificando le opportunità di sviluppo, le istituzioni a mettere a sistema le strategie identificate e a trasformarle in azioni a sostegno della crescita, le  imprese invece, hanno il compito di rendere vivo il Paese,  mentre i cittadini sono l’anima dei territori.  Sul fronte nazionale c’è da lavorare in materia di semplificazione amministrativa, certezza delle procedure e dei  tempi, servizi di accompagnamento allo sviluppo e prima  ancora di strategie “commerciali” di rilancio delle attività  produttive, mentre su quello europeo c’è da accelerare il  passo sull’assorbimento dei fondi strutturali (perché nei  prossimi anni per molte Regioni saranno i soli fondi a disposizione), seguendo le indicazioni della Commissione  Europea che sollecita l’attivazione di sinergie per la creazione di importanti poli d’eccellenza. L’Umbria in questo  senso, parte con una marcia in più: se si mettono sotto  la lente d’ingrandimento i settori della manifattura, della  cultura e dell’agricoltura – zoccolo duro del made in italy  – si rintracciano interessanti opportunità. Se il polo della  maglieria umbra è quello più consolidato ed affermato,  un’occasione da cogliere e strutturare in un percorso unificato è quella della ceramica che, con la tradizione di Deruta, Gualdo Tadino e Gubbio può avere importanti spazi  di affermazione. Stesse opportunità di sviluppo si rintracciano anche nel campo storico-culturale e turistico, con  il culto S.Francesco. Il territorio inteso come patrimonio  ambientale si lega alla tradizione e alla storia del Santo: Nocera Umbra, Perugia, Assisi sono centri da mettere  a sistema per un maggiore vantaggio – in termini turistici  – del territorio tutto.  Agricoltura, meccanica, energie rinnovabili e patrimonio  storico-artistico, altri settori chiave per l’economia locale,  che si rivelano il trampolino di lancio non solo per l’internazionalizzazione del Made in Italy, ma elementi d’interesse per gli imprenditori esteri.  La vitalità delle economie dei territori e il rilancio delle  realtà regionali cavalca l’onda del localismo: nato come  fenomeno di rassicurazione degli effetti della crisi, il localismo è oggi diventato una tendenza seguita da numerose aziende in modo trasversale. Un fenomeno che, nonostante stia determinando grandi risultati in termini di  utili, non è riuscito a diventare un sistema economico del  territorio. Questo perché legato sempre al successo delle  singole realtà imprenditoriali e non ad un sistema nevralgico di centri produttivi. E così se a livello privatistico, la  catena Eataly ha saputo raccogliere le eccellenze locali in  un unico contenitore, a livello istituzionale ancora non si  scorgono sistemi di interconnessione delle risorse, capaci  di riaccendere i territori.  Per concludere voglio riproporre un’intuizione che ho lanciato già in altri ambiti, come effetto della riflessione sul  sistema di investimenti in Italia e di ripartenza economica:  istituire un ministero del marketing, per poter analizzare  in chiave di sviluppo commerciale le numerose risorse del  nostro Paese. Se la NASA ha scoperto 461 potenziali nuovi  pianeti – la maggior parte dei quali della stessa dimensione della Terra –, un fatto fino ad oggi solo immaginato, penso che un ministero del marketing quale possibile  strategia per conferire nuova fruibilità e redditività alle  risorse oggi silenti della nostra economia, non sia un’idea  tanto lontana dalle necessità attuali. D’altronde siamo coscienti che ciò che l’uomo può immaginare, lo può anche  realizzare.