ARTE, MUSICA & CULTURA

30 giugno 2013

A Palazzo della Penna l'arte si fruisce diversamente

di Massimo Duranti

Rifunzionalizzazione dello spazio espositivo perugino per integrare arte e cultura fra raccolte permanenti, mostre temporanee e relax gastronomico. Si comincia con “L’arte è un romanzo”.

C’era una volta il museo – è proprio il caso di ricordarlo – quello dove entravi come in un santuario tenendo la voce bassa, attenti a non far rumore neanche con le scarpe. Si aveva timore di avvicinarsi alle opere e per conoscere qualcosa sui dipinti o le sculture ci si doveva accontentare di una stringata didascalia; in alternativa eri costretto ad ascoltare vecchie signore che illustravano noiosamente l’itinerario della mostra o i particolari della collezione senza mai riposarti. Alla fine potevi acquistare un catalogo, generalmente ponderoso e costoso del quale, i più, sfogliavano solo le prime pagine. Poi sono arrivate la audio guide, le caffetterie, i book shop, seppure in ritardo rispetto ai musei americani o nord europei. Oggi il visitatore multimedializzato non si accontenta più di guardare una mostra e prendersi una pausa caffè. Vuole uno spazio dove l’arte sia solo una delle opportunità dell’offerta. Vuole vedere e leggere anche sul touch screen, desidera conoscere la storia dell’artista e fare raffronti; gradisce anche, nella pausa fra il giro della mostra e la visita a una collezione permanente, leggere una rivista o sfogliare un catalogo. In definitiva, il nuovo fruitore – tipo del museo non si sposta più soltanto per vedere un’esposizione che, invece, visiterà o rivisiterà insieme a una mostra a tema, a un’antologica, a una mostra storica che riscopre il passato artistico o che presenta le nuove tendenze, locali o internazionali, trattenendosi più a lungo magari per ascoltare un concerto e pranzando al museo. La parola d’ordine è dunque ampliamento e diversificazione dell’offerta. È quello che si sta cercando di fare a Palazzo della Penna, il contenitore perugino del Comune di Perugia dove fino a qualche mese fa si potevano visitare, la Collezione Martinelli con opere dal ‘600 in poi, le “lavagne di Joseph Beuys e fino a qualche mese fa la Raccolta delle opere di Gerardo Dottori, oltre a mostre d’arte e fotografiche. Molta la gente che accorreva alle inaugurazioni delle esposizioni, poca quella che affluiva durante tutto l’anno, bambini delle scuole compresi. È stata allora avviata la “rifunzionalizzazione e valorizzazione” del contenitore sulla base di un progetto specifico voluto dall’assessore alla Cultura Andrea Cernicchi. Nel ponderoso documento è scritto che “L’Amministrazione comunale intende ampliare la funzione museale ed espositiva assecondando la vocazione verso i linguaggi e le forme della contemporaneità, al fine di realizzare un Centro di cultura contemporanea polifunzionale che preveda, accanto a conservazione e fruibilità del proprio patrimonio, inserire servizi che incentivino l’incontro fra le persone e colleghino temi”. Saranno allora ospitati in permanenza il Circolo dei lettori, l’Archivio della memoria condivisa (fotografie di cronaca, filmati, di vita ordinaria, ecc.), Sportello dell’impresa creativa, spazi per la didattica museale, bookshop con annesso caffè letterario con copertura wireless, arredati con nuovo design, dove il pubblico può anche gustare alta gastronomia locale, e infine ampliati spazi espositivi soprattutto per le mostre temporanee che potranno essere, contemporaneamente, più d’una. La cooperativa Sistema museo si è aggiudicata l’appalto dei servizi. La collezione Martinelli è destinata ad essere trasferita alla Galleria Nazionale dell’Umbria, nell’ambito di una vasta convenzione firmata dal Sindaco col Direttore regionale per i Beni Culturali, non senza polemiche da parte della vedova dello storico che donò le opere e la biblioteca e dello stesso curatore. Quanto ai dipinti di Gerardo Dottori, è in via di definizione la loro difficile ricollocazione nella nuova sistemazione del palazzo, ma certo il più grande artista perugino del ‘900 non potrà non avere uno spazio adeguato alla sua importanza, proprio alla vigilia della definitiva consacrazione al Guggenheim di New York nella grande mostra sul Futurismo italiano del 2014. In definitiva, l’idea di una nuova funzionalizzazione è buona per creare una diversa attenzione, l’importante è il giusto equilibrio fra passato e presente, fra fondamentali e plurime esigenze del mondo giovanile e della memoria domestica e quelle del passato remoto e recente che sono fondamentali per l’offerta al turismo colto. Nel senso che una visita di un solo turista colto che viene apposta da lontano per vedere Beuys o Dottori, culturalmente vale quanto quella di 50 frequentatori abituali dei servizi del nuovo Centro di cultura temporanea. E Perugia ha bisogno di entrambe le categorie di fruitori. Questo nuovo corso è stato aperto il 25 aprile con L’arte è un romanzo. La straordinaria storia delle parole che diventano immagini, una cospicua mostra curata da Luca Beatrice, aperta fino al 1 settembre, collegata al Festival Internazionale del giornalismo, corredata da un catalogo di Silvana editoriale in un’insolita impaginazione “letteraria”. Anche la mostra è multidisciplinare, come la rifunzionalizzazione, senza confini, seppure all’interno di un discorso artistico, presentandosi lavori, installazioni, fotografie e video che sono espressione non solo della cultura visiva, ma anche di quella letteraria, giusto il tema dell’esposizione. Lo stesso Beatrice ammette che “Talora gli accostamenti potrebbero risultare pretestuosi o non perfettamente condivisibili” Il manifesto dell’evento è l’opera di Pilar Albaracin, un’installazione con un asino impagliato che si mostra in piedi, in cima a una catasta di libri tenendone uno in mano. L’asino considerato un somaro può riscattarsi se legge… È un po’ come la Venere degli stracci di Pistoletto. In venti sale disposte su due piani sono esposte 150 opere di poco meno di una settantina di artisti, da intendersi, appunto, in senso lato. C’è stata anche una sorta di partecipazione alla preparazione della mostra del pubblico attraverso il sito del Circolo dei lettori per conoscere le preferenze sui libri del Novecento che dovevano essere ricordati. Ci si chiede come gli artisti abbiano tradotto l’idea del libro e la mostra inizia e finisce con il libro-oggetto fra Ugo Nespolo di Schedario del 1967 e Claudio Parmiggiani di Parla anche tu del 2005 e Mario Della Vedova con Storia delle emozioni del 1998-2000, ma con il prologo di Ben Vautier L’arte è una parola, una frase scritta che diventa un’opera e un programma. Ci sono poi decine di capitoli adattati a uno o più autori che esplorano l’incommensurabile mondo letterario, imprendibile come confessa Beatrice, come del resto è incontenibile il sapere enciclopedico, quello della Biennale di Venezia in corso del curatore Massimiliano Gioni, non certo racchiudibile nell’utopistico “Palazzo enciclopedico” di Marino Auriti. A Palazzo della Penna ci sono la raffinatezza di Emilio Isgrò che i libri li cancellava, compresa la Costituzione, il gioco estetico dei Libri tranciati di Stefano Arienti, le poesie dipinte di Walter Valentini come La porta del cielo,o la raffinatezza della celebre libreria Memphis-Carlton del 1981 di Ettore Sottsass, ma anche i meno poetici disegni di Valentina di Guido Crepax e Corto Maltese di Hugo Pratt e i gialli Mondadori con le copertine disegnate da Carlo Jacono. E però ci sono le illustrazioni, che sono opere d’arte, dei libri per bambini di Bruno Munari. Il tema pone anche il dilemma sul futuro del libro di carta, ma il curatore assicura che “Dalla vecchia copia cartacea all’attuale e-book, l’uno non soccomberà mai all’altro, ognuno si scelga il proprio supporto, l’importante è continuare a leggere…”

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