RACCONTAMI L'UMBRIA

A hermit’s life shows the importance of being idle

Articolo partecipante per la sezione Turismo, Ambiente e Cultura - Raccontami l'Umbria 2016

di Julia Buckley

TESTATA: The Independent

DATA DI PUBBLICAZIONE: 6 Giugno 2015

 

La vita di un eremita ti mostra l’importanza di non fare niente

Sei davvero così dipendente?" mi ha chiesto la mia amica quando le ho accennato ai miei piani di viaggio. Avrei trascorso tre giorni in Umbria, nella campagna circa 30 chilometri a nord di Orvieto, in quella che sembrava la cella di un frate. Niente televisione, niente wi-fi e nessuna ricezione per il telefono cellulare.

Per l’Umbria, ovviamente, le vacanze ‘semplici’ non sono una novità, casa di decine di agriturismi – B&B in stile fattoria in cui si vive in famiglia, si mangia cibo coltivato sul posto e ci si intrattiene con sane attività rurali. È qualcosa che ho fatto molte volte. Ma questo viaggio era differente. Questa volta ero in un hotel di lusso, sebbene la mia destinazione, Eremo, difficilmente poteva sembrarlo. Giocando con la parola italiana ‘eremo’, si autodefinisce un rifugio completamente lontano dal mondo esterno.

Sepolto nella campagna più profonda, nel mezzo di una riserva boschiva – Eremito si trova a 30 minuti dalla strada più vicina, lungo sentieri fangosi e un fiume accessibile solamente con un 4x4. Il villaggio più vicino è a un’ora a piedi camminando sul pendio di una montagna. Le 12 stanze singole (non ci sono doppie, le coppie devono prendere due stanze) hanno il modello delle celle dei frati.  E sono estremamente confortevoli – letti in memory foam, piatti doccia in porcellana, asciugamani di canapa antica cuciti a mano – anche se a prima vista non sembrano esserlo avendo testate del letto in ferro, tende in tela di sacco, e le vasche, i tavoli e i sedili vicino alle finestre tutti ricavati dalla roccia locale.

È un eremo per coloro che cercano rifugio dal XXI secolo, ed era esattamente ciò di cui avevo bisogno. Non penso di essere dipendente dal mio telefono, dalla televisione o dal wi-fi, ma oggi c’è questo sfiancante bisogno di essere sempre online – di rispondere a un messaggio, aggiornare uno stato o rispondere a tutte quelle importanti e-mail. La risposta automatica fuori-ufficio spesso significa semplicemente che risponderemo a qualcuno solo un po’ più tardi del solito, non che siamo davvero irraggiungibili. È una tirannia sottile, questa incapacità di essere irraggiungibili. E ho bisogno di una pausa da questo.

Ovviamente potevo stare a casa e spegnere il telefono, ma a casa c’è sempre qualcosa da fare. Se vai fuori per un week-end ci sono sempre posti che bisogna vedere. In un tradizionale agriturismo umbro, per esempio, mi sarei sentita obbligata a sfruttare al meglio il mio viaggio visitando tutte le città vicine, spuntando tutte le cattedrali medievali e mangiando fuori invece di rimanere dentro. Se ci fosse stata una piscina o una palestra, mi sarei sentita obbligata ad andarci. Invece ciò che volevo assolutamente era essere obbligata a rilassarmi – una cosa simile alla disconnessione forzata dovuta a un volo a lungo raggio, solo con del cibo migliore, delle viste più belle e ambienti più comodi.

Man mano che il giorno si avvicinava, ero in parte entusiasta e in parte terrorizzata. Ho cominciato a preparare lo stato d’animo arrivando in treno – facendo un languido viaggio di tre giorni con soste a Parigi e Milano (dopo Eremito, sarei andata a Roma, totalizzando felicemente più di milleseicento chilometri sulle rotaie). Intanto stavamo rotolando attraverso le colline della Toscana, e avendo visto dal mio posto vicino al finestrino le Alpi, la valle del Po e la gigantesca cupola di mattoni della Cattedrale di Firenze, stavo cominciando a distendermi.

A Fabro-Ficulle, la stazione più vicina a Eremito, ho ingannato l’attesa di chi doveva venirmi a prendere inviando le ultime poche, disperate e-mail su un piatto di pappardelle affogate in ragù di cinghiale.  Era l’ultima carne che avrei mangiato per un po’, ad Eremito i tre pasti al giorno serviti sono vegetariani, in gran parte provenienti dall’orto dell’albergo.

Marcello Murzilli, il proprietario di Eremito, ne sa qualcosa di relax. Ha scambiato la sua carriera di designer di jeans nel 1997 per aprire il primo “eco-lodge” di lusso in Messico, Hotelito Desconocido. Per il suo secondo progetto alberghiero, voleva disconnettersi ancora di più. Quindi è ritornato alla sua nativa Italia, ha comprato un’intera valle confinante con un parco nazionale di 7400 acri, e ha ricostruito un edificio in rovina situato a metà strada su una delle montagne. Eccetto che, invece di rifarlo fedelmente, lo ha ricostruito come un moderno monastero. L’Umbria dice, è il posto in cui è nata la tradizione italiana dei monasteri.

Attraversando l’enorme porta di ingresso di Eremito c’è un corridoio simile a un chiostro poco illuminato. La reception si trova nel salone al di là di esso: poca illuminazione, con spessi muri di pietra a vista in cui luci di piccole candele oscillano in nicchie ricavate nella pietra, illuminando soffitti a volta sostenuti da grosse travi di legno. Alla porta accanto, la sala da pranzo ha il modello di un refettorio con lunghi tavoli comuni.

Sopra ci sono le celluzze: le celle/stanze da letto. Eremito potrebbe essere un “monastero laico”, come lo definisce Marzulli , ma è stata l’eredità cattolica italiana a fornire la sua iconografia. Di sopra c’è una piccola cappella, dove due volte al giorno sessioni (volontarie) di lettura di Salmi, fatte in italiano, hanno un valore meditativo. Se una nicchia non contiene una candela, c’è una piccola statua sacra. Ogni cella ha il nome di un santo diverso, la cui storia è intagliata sul letto. Canti gregoriani e musica classica sono diffusi a piano terra e in giardino.

Sorprendentemente, in nessun punto la cosa sembra opprimente. Durante il mio soggiorno, Marzulli e suo fratello Sergio, lo chef, erano le uniche persone a partecipare alle preghiere – tenute immediatamente prima della lezione mattutina di yoga. Gli scaffali contengono libri di tutte le religioni insieme a riviste di architettura. L’edificio può somigliare a un monastero, ma i sedili attaccati al pavimento e i vivaci cuscini nel salone conferiscono un sapore d’Oriente. 

Sebbene Eremito non sia un ritiro religioso, non è neanche la tipica vacanza “spirituale”. La cena si consuma in silenzio, seduti uno accanto all’altro a questi lunghi tavoli, e se è vero che c’è certamente una attenta qualità in questo, non c’è istruzione né dissezione – tutto sta all’interpretazione di ciascuno. Era assente il giorno pesantemente strutturato in cui avrei lavorato in altri ritiri. Marzulli pianifica eventi speciali – yoga, benessere, anche ritiri di scrittura – ma essenzialmente Eremito non è nulla di tutto ciò.

Il Primo giorno è stato abbastanza snervante – cosa si suppone che faccia? Il secondo giorno ho realizzato che questo era esattamente il punto. Una volta esaurite le due passeggiate locali, e dopo aver usato la vasca con acqua calda e il bagno di vapore, non c’è nulla da fare. Nulla, cioè, eccetto rilassarsi in giardino, guardare la luce che si muove sulla valle, e ascoltare gli uccelli nel bosco, e lo scroscio di una cascata che si versa nel fiume sottostante. Puoi parlare, se vuoi – l’atmosfera è quella della casa di campagna di un amico, e Marzulli e i cinque componenti della squadra sono ospiti deliziosi. È possibile controllare le e-mail se devi – dopo tutto quel panico ho scoperto che c’è un piccolo punto in giardino in cui c’è segnale mobile, ma sono stata forte. E puoi dormire. Per la prima volta in vita mia mi sono spinta a chiedere una poltrona per una siesta dopo pranzo. Per la prima volta dopo mesi, mi sono concessa di dormire quanto volevo (e alla fine ho scoperto che erano 12 ore).

Dopo tre giorni, invece di essere impaziente di fuggire, come pensavo prima di arrivare, tentavo disperatamente di nascondermi per più tempo. Non c’è niente da fare ad Eremito. E questo è il punto. E nel mondo di oggi, è la cosa più lussuosa.